L'arte di scrivere d'arte 2012
Sesta edizione
sabato 22 settembre 2012 |
9:30 |
Auditorium Centro Culturale Casa A. Zanussi Pordenone |
Arte scrivere arte 2012
Apertura
Maria Francesca Vassallo
Presidente Centro Iniziative Culturali Pordenone
Introduce e modera
Fulvio Dell’Agnese
Storico dell'arte
Interventi
- Distrazione di massa
Arte e cittadinanza in Italia,
fra Costituzione della Repubblica
e marketing culturale
Tomaso Montanari
Professore di Storia dell’arte moderna
Università di Napoli “Federico II”
- Dissesti di tempo
Il senso del d’après
nei miei Senza tela
Manuel Fanni Canelles
Artista video e regista teatrale
parole dell'etica, parole dell'arte
Nella Paneròpoli di Hans Tuzzi, dove i semafori rossi sono sempre
abitati dal rombare impaziente di “torreggianti fuoristrada nei
colori dell’arroganza e dell’aggressività” e dove di sera ci si chiede
se il sindaco, come promesso, sarà presente “al vernissage di quel
vacuo pretesto chiamato mostra”, apparenza e ostentazione
regnano sovrane. In simile contesto, che vorremmo poter confinare
nelle pagine di un romanzo, anche l’arte pare aver pubblicamente
assunto una nuova o riveduta funzione; anzi, una “mission”: quella
di dare corpo a spot espositivi come la grande mostra sul
“Rinascimento a Firenze” in Cina, che intendono proporre come
stroboscopico compendio d’italico pedigree preziose opere cardine
di una grande stagione culturale astraendole avventurosamente dal
loro contesto; o di mettersi in posa, dando modo all’attenzione
mediatica di focalizzarsi su isolati episodi di premurosa
sollecitudine nei confronti dell’unico indiscusso “patrimonio” del
Paese – di volta in volta incarnato, per restare in riva all’Arno, da
una rediviva scultura di Michelangelo o dai presunti resti della
Battaglia di Anghiari – dietro ai quali si celano la progressiva
demolizione degli organismi preposti alla sua reale tutela e la
silenziosa asfissia dell’istruzione che ne dovrebbe garantire il
consapevole dialogo con le nuove generazioni di cittadini.
“E allora?”, dirà qualcuno. Materia per un articolo pungente in
terza pagina, o meglio per la sparata di qualche critico telegenico
nel ventre di un talk-show; non per un convegno sullo scrivere
d’arte, che al Centro Iniziative Culturali di Pordenone si organizza
per il sesto anno.
Invece accade che su tali argomenti dipanino i propri ragionamenti
anche storici dell’arte come Tomaso Montanari, che agli studi su
Bernini e sul ‘600 romano ha di recente affiancato non meno
scientifiche pubblicazioni sul ruolo odierno delle opere artistiche e
della disciplina che le indaga, in cui rileva ad esempio che “quasi
nessuno pensa ormai alle mostre in termini di educazione, istruzione, ricerca o crescita culturale”; l’obiettivo è divenuto
invece quello “di vendere al meglio il nostro patrimonio culturale,
attraverso una radicale innovazione del marketing”, azzerando la
scomoda consapevolezza che “la rendita prodotta dalle opere
d’arte non è economica, ma intellettuale e culturale” e alimentando
un “culto del capolavoro simbolo” che risulta particolarmente
“delittuoso in un Paese la cui unicità consiste nella densità di un
patrimonio diffuso e inseparabile dal paesaggio urbano e
naturale”… Inseparabile dall’idea stessa di coscienza nazionale.
Opinione di Montanari – ampiamente condivisibile, ci pare – è che
una mancata presa di posizione di fronte a tale realtà si configuri
come una “rinuncia dello storico specialista ad adempiere al suo
ruolo culturale”, lasciando via libera a una deriva televisivosalottiera
della disciplina, su un magnetico orizzonte in sedici noni
che “dagli affreschi di Leonardo occultati dietro ai muri” si allarga
“al marketing delle attribuzioni improbabili”.
La scrittura d’arte sembra dunque contemplare, oggi, la necessità
di esprimersi in contesti diversi (dal blog al saggio scientifico, nel
caso del nostro ospite), secondo registri di stile non
necessariamente alternativi, certamente legati a una medesima
responsabilità, divenuta di ordine sociale.
Ma cosa accade quando – come nei video di Manuel Fanni
Canelles – l’opera d’arte viene riscritta in una dimensione visiva,
più prossima a quella della sua espressione originale? Si entra
ovviamente nel campo della creazione artistica in senso pieno, ma
la sottile metamorfosi del modello esige una altrettanto chiara
coscienza critica dell’immagine fissata in partenza.
Nella serie dei suoi Senza tela – alcuni dei quali saranno visibili nei
giorni di “Pordenonelegge” negli ambienti della nuova ala del
Centro Culturale Casa A. Zanussi – Fanni Canelles concentra lo
sguardo su dipinti di straordinaria perfezione, a cui egli
apparentemente sottrae un definitivo punto d’approdo della forma,
dilatando nel tempo la riconoscibile icasticità del fermo-immagine.
In realtà, la loro compiutezza viene fatta coincidere proprio con
una necessaria evoluzione del sentire, dell’emozione espressa dai
personaggi e dalla situazione, quasi essa implicitamente premesse
da sotto la superficie degli oli antichi; quasi l’artista desse corpo a
una delle magie sonore della scrittura longhiana descritte da Ezio
Raimondi, ovvero la capacità di tradurre “l’istante del dipinto in
narrazione, l’immagine in racconto”.
Fulvio Dell'Agnese, storico dell'arte