Opere note e opere inedite 1927-1990
Giardini d'Arte 2005. 366° mostra d'arte
da sabato 7 maggio a sabato 16 luglio 2005 |
Centro storico città di Pordenone |
Estate in città 2005, l’insieme di manifestazioni che il Comune di Pordenone propone a chi rimane in città con la collaborazione delle associazioni culturali del territorio, ospita anche l’originale percorso espositivo della terza edizione di Giardini d’Arte, organizzata dal Centro Iniziative Culturali Pordenone con il Museo Civico d’Arte e dedicata a tre significativi scultori, che, scelti dal critico d’arte Giancarlo Pauletto, accompagneranno le passeggiate estive dei pordenonesi e dei turisti fino al 31 agosto. Giardini d’Arte è stata allestita con la collaborazione della Società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, Duomo Concattedrale di San Marco, che hanno messo a disposizione gli spazi espositivi nei cortili interni delle loro sedi nei pressi del sagrato. Le sculture nella città possono starci per opposizione o sintonia, contrasto o consentimento, e nell’uno o nell’altro modo altrettanto bene dal punto di vista della miglior visibilità.
Nel caso di questa terza edizione di “Giardini d’arte” ci pare domini il contrasto, ma appunto un contrasto efficace dal punto di vista visivo, e dunque perfettamente adeguato alla presentazione delle sculture.
Si vedano ad esempio le quattro opere di Vincenzo Balena artista milanese di consolidata storia curriculare e critica (De Micheli, Raboni, Rosci, Bossaglia etc.), ha da poco allestito una importante mostra a New York -: collocate a fianco del quasi millenario duomo di San Marco, nel cuore medioevale della città, proprio lì esse trovano, a mio parere, il miglior luogo d¹ostensione.
Perché il metallo da cui sono costituite contrasta nettamente con la pietra e il sasso che le accoglie ma, d¹altra parte, pietra e sasso sono a loro volta costrutti, hanno forma, e precisamente la forma che una cultura secolare ha dato loro: sicché sculture e dato architettonico colloquiano in una opposizione che alla fine gioca positivamente tra i due elementi.
Anche perché le opere di Balena, pur quando paiono fortemente artificiate e mentali, mantengono sempre un sotterraneo rimando antropologico, un rimando reso in forma problematica, sotto il segno dell¹interrogazione e del dubbio, che appunto perciò risalta meglio in un contesto definito dalla compiuta formalizzazione spaziale che la storia ci ha lasciato in eredità.
Né ho usato per caso, poco fa, il termine “ostensione”: che è termine rituale, appartenente alla sfera del sacro, utile qui ad indicare, nei termini forzatamente sintetici della circostanza, quanto vi è in Balena di più specifico - come sa bene chi conosce la sua vicenda dagli inizi: una costante, spesso lancinante meditazione sul rapporto vita-morte, presenza-assenza, tempo e negazione del tempo.
Anche nel caso delle pietre bianche di Robin Soave giovane artista che lavora a Contovello, sul carso triestino - il rapporto con l¹ambito in cui le sculture sono collocate è di contrasto.
Nel giardinetto interno del museo Ricchieri, e nello spazio esterno della Camera di commercio, la sua pietra d¹Aurisina fiorita contrasta immediatamente con il contesto segnato dal verde dell'erba, di arbusti e di piccoli alberi, concedendo alle sculture una visibilità nettamente rilevata.
Qui tuttavia il contrasto è di ordine sostanzialmente visivo, ché nell¹essenza queste sculture rotondeggiati, giocate sulla pulitissima eleganza di snodi formali felicemente equilibrati incarnano un¹idea di realizzata naturalità, rimandano a figure astanti dalla suggestione talvolta antropomorfa, talaltra di ordine vegetale e vitalistico, come per esempio di grandi germogli indagati nella loro naturale morbidezza, o di giovani animali appena alzati allo stupore della vita.
Le pietre di Soave disseminate, sul carso triestino, in un grande spazio verde, e ancora qui, a Pordenone, sul verde appoggiate mi paiono segno di una forza ardente e pacifica, esprimono con efficace semplicità tutto il positivo dello stare al mondo.
Stefano Jus infine, dal suo laboratorio di Castions di Zoppola, ha inventato per il cortiletto interno di Palazzo Gregoris dunque per un luogo quanto mai cittadino e, per così dire, acculturato una metafora naturale di immediata suggestione, costruendo un simbolico albero sopra e nelle vicinanze del quale si affolla uno stuolo di strepitosi uccelli, come chiamati a raccolta da un loro irresistibile incantatore.
Ecco il vivido pavone che dilunga tutta la sua sontuosa coda, ecco il galletto impuntato in una sua giovanile prestezza ed eleganza, e un sapido corvo che dichiara ŠŠ
Sono, come altri prima di me hanno felicemente notato, non ³animali di legno², ma pezzi di legno che, per virtù della bravura dell¹artista, diventano animali, uccelli risolti in una loro astante, credibilissima naturalità, ognuno secondo un¹invenzione e una fantasia che, prima di operare, ha colto con precisa attenzione l¹essenza anche nei risvolti che diremmo psico/etologici - della forma vivente che viene tanto felicemente rammemorata.
In fondo, Jus ci racconta ancora la bella, irrinunciabile favola della possibile consonanza tra uomo e natura.
Giancarlo Pauletto
Il percorso espositivo sottolinea l’originalità di ogni artista, che vedrà le proprie opere inserite in un contesto appositamente pensato o, al contrario, potrà verificare la sintonia tra ambiente e opere d’arte quando queste ultime siano state ideate appositamente per quel luogo.
È questo il caso dei lavori di Stefano Jus, degli animali che non hanno nulla di fantastico, ma, attraverso la natura del legno che li forma, sembrano prendere vita ed esprimere la vivacità consona alla specie rappresentata. Dal laboratorio di Castions di Zoppola dell’artista pordenonese è uscito un albero simbolico di immediata suggestione, attorno al quale si affollano numerosi uccelli.
Si presenta invece giocato sul contrasto rispetto all’ambiente espositivo scelto nel giardinetto del Museo Ricchieri e dello spazio esterno della Camera di Commercio il lavoro dell’artista triestino Robin Soave: spiccano le sue creazioni rotondeggianti e di suggestione antropomorfa in pietra d’Aurisina nel contesto verde nel quale sono inserite. La sensazione visiva è di grande armonia ed esprime un sentimento positivo nei confronti del mondo.
Le quattro sculture dell’artista milanese Vincenzo Balena emergono quasi per contrasto dallo sfondo delle chiare mura del duomo: sono rappresentazioni metalliche che richiamano metaforicamente l’insicurezza dell’uomo, l’inquietudine che pervade la sua esistenza, il rapporto sofferto tra concetti opposti come vita e morte, presenza e assenza, tempo e negazione della dimensione temporale. La concretezza dei materiali preferiti dallo scultore, spesso rottami o comunque di recupero, sembra richiamare una ricerca dell’essenzialità che prelude ad una comprensione partecipata e profonda dei dubbi, dolori e aspirazioni che pervadono la vita dell’uomo.