Paolo Figar. La pittura
Ritorna l’artista goriziano questa volta non con le sue sculture ma con le sue tele di colori forti
da sabato 10 marzo a domenica 27 maggio 2018 |
Galleria Sagittaria Pordenone |
Videointerviste a Paolo Figar
e Giancarlo Pauletto
(...) in questa mostra conosceremo l’originalità della pittura. Assieme all’artista, Giancarlo Pauletto, suo profondo conoscitore e amico, presenta un’accurata selezione di decine di quadri che rendono ragione della pari qualità, anche di pittore. Conosceremo da vicino il suo modo di lavorare, il suo impegno in nome della ispirazione artistica a confrontarsi con altri artisti ed essere attivo in tanti simposi in Italia e all’estero. (...)
Un personaggio particolare, Paolo Figar, che lega Pordenone alla realtà goriziana, quella di Sergio Altieri, Dora Bassi e Franco Dugo assieme a tanti altri operatori di arte e cultura, nello spirito di “senza confini” che ci ha caratterizzato da sempre. Spesso contribuendo a far conoscere artisti da Trieste, Udine oltre che Gorizia e naturalmente Pordenone, che non erano riusciti ad emergere per decenni.
Un bell’impegno che ci permette di onorare, a nostro modo, il 2018, Anno Europeo del Patrimonio Culturale.
Maria Francesca Vassallo
Presidente Centro Iniziative Culturali Pordenone
Inaugurazione sabato 10 marzo 2018, ore 17.30
Galleria Sagittaria Pordenone
Centro Culturale Casa A. Zanussi
Galleria Sagittaria Pordenone
448a mostra d’arte dal 10 marzo al 27 maggio 2018
Dal martedì alla domenica dalle 16.00 alle 19.00
Chiuso 31 marzo, 1 e 25 aprile, 1 maggio 2018
A cura di Giancarlo Pauletto
Coordinamento Maria Francesca Vassallo
Chi abbia visitato la mostra di scultura che Paolo Figar ha allestito,
non più tardi di un anno fa, presso Palazzo Attems a Gorizia, avrà certo potuto notare come il suo lavoro plastico, pur così centrato sulla figura e quindi, da questo punto di vista, legato ad una tradizione antichissima, sia volto però a stravolgere – appunto – l’idea tradizionale di figura, usando a questo scopo due mezzi fondamentali: la forzatura iconografica – che vede, per esempio, un pesce arrampicato su una testa di donna, o brani di vegetazione uscire dalla spalla di un’altra figura –; e poi l’uso del colore, un uso del tutto mentale, cioè volto a scardinare ogni suggerimento che accosti le sue forme plastiche ad una qualsivoglia interpretazione di ordine naturalistico.
D’altronde ciò non meraviglia chi sa che egli è tanto scultore, quanto pittore, e non solo perché quest’ultima qualifica sta scritta nel suo diploma d’Accademia, ma perché ha visitato il suo studio, che ha le pareti piene di opere di pittura, di disegno, di grafica.
Si capisce allora da dove viene l’idea di questa mostra.
Far vedere – per la prima volta in maniera così ampia – l’attività propriamente pittorica di Figar, convinti come siamo che essa non abbia nulla da perdere da un confronto con quella, certamente più
nota, di scultore. Per rilevare anzitutto, tra i due modi espressivi, una congruità perfetta, il fatto cioè che attraverso i due linguaggi egli persegue lo stesso risultato, la rappresentazione di figure portatrici di un senso misterioso dell’esistenza, che vivono in un clima di allertata sospensione; oppure figure impegnate in una sorta di ritualità arcaica, che rimanda ad un “primario” alieno non solo alla quotidianità della cronaca, ma anche ai tempi più scanditi della storia: insomma è un’umanità araldica, quella che ci viene presentata, un’umanità per la quale il tempo quasi non porta significato perché sembra esistere su coordinate più cosmiche che terrestri.
E la forzatura iconografica, di cui abbiamo parlato in relazione alla scultura, funziona naturalmente e perfettamente anche nelle opere di pittura […]
Giancarlo Pauletto
(dal testo in catalogo)