Via Concordia, 7 - Pordenone - 0434 365387

William Klein. Contacts

Fotogrammi dalla città eloquente

dal 28 marzo al 10 maggio 2009
Galleria Sagittaria
Via Concordia 7 Pordenone
Nell'ambito di Dedica Festival a Paul Auster.

I “Contacts” di William Klein rimandano evidentemente al dato tecnico sotteso dal termine: sappiamo che i cosiddetti “provini” si ottengono appunto attraverso il “contatto” diretto del negativo con la carta da stampa, e servono, nella normale pratica fotografica, ad una prima selezione del materiale e ad una prima identificazione delle scelte in base alle quali il lavoro del fotografo proseguirà.

Se poi il fotografo medesimo sceglie di mantenere l’andatura del “provino a contatto” anche per il lavoro finito – nel caso di Klein queste grandi stampe sulle quali egli interviene con smalti a vividi colori – sarà perché ciò è per lui ricco di implicazioni significanti, come dimostra ulteriormente il fatto che il termine - “contacts”, appunto – è diventato anche titolo di una intera mostra.

Al di là del senso tecnico, infatti, la parola “contatti” possiede – anzi, ha prima di tutto – un senso legato alla vita sociale, significa rapporti, incontri, attimi di attenzione, può inoltre riferirsi, sul versante psicologico, a un momento di sensibilità, di trasalimento, di interrogazione: è insomma un termine che include moltissime esperienze umane nel momento in cui iniziano – e magari anche finiscono -; nel momento in cui tra noi e il mondo si stabilisce un qualche rapporto identificabile, non semplicemente inconscio.
E il luogo per eccellenza di questi “contatti” è, naturalmente, la città.

La città dove la vita va veloce, dove gli scenari cambiano, dove sembra che acquisti più senso e più peso il vivere umano in quanto vivere di relazione, di incontri e scontri che possono introdurre improvvise contraddizioni e improvvisi mutamenti nella vita di tutti.
Questo hanno i fotogrammi di William Klein, un’intensa capacità di comunicare l’evento, il dato immediato, il “qui e ora” istantaneo che costituisce, in certo modo, tutta la nostra esistenza.
Se questo si vuol raccontare, allora è necessario che gli scatti non diano il senso della formalizzazione, siano presi come in corsa, apparentemente a caso: ma naturalmente il fotografo sa bene che ogni inquadratura immette un brano di realtà in un rettangolo necessario, e che sotto tutta questa casualità, temporalità, istantaneità è possibile ravvisare un atteggiamento, che andrà decodificato da chi guarda.
E’ l’elemento pittorico, che contribuisce fortemente a questa decodificazione.
Si tratta di ampi gesti cromatici che hanno, mi pare, un duplice valore, di segnale e di struttura.
Segnale in quanto indica, circoscrive, intenziona: insomma, cattura lo sguardo, ma non per riferirlo a se stesso, bensì all’immagine fotografica attorno e in funzione della quale si struttura.
Si struttura coinvolgendola in una sorta di rete, di gabbia, in una “forma” che calcola ed equilibra spazi e finisce per dare, a quella che abbiamo definito la “temporalità”, l’istantaneità, insomma l’esserci dell’immagine, una consistenza complessivamente forte e definitiva.
Sicché ci troviamo di fronte al paradosso di una fotografia d’istanti che viene bloccata non – simbolicamente o metafisicamente – al suo interno, ma con un esplicito ed evidentissimo intervento esterno, la banda cromatica, la “cornice” che chiude e ferma lo scorrere del tempo.


Che significato dare a questa operazione?
Io credo che essa valga ad affermare che è il soggetto, la sua azione, il suo decidere ad attribuire senso al flusso della realtà.

Si tratta di una posizione certo problematica e rischiosa, ma anche pienamente responsabilizzante: nessuno che sia in questa posizione potrà infatti giustificarsi affermando, come molti hanno fatto e fanno, di aver “obbedito agli ordini”.
Se a questo punto il lettore si dovesse chiedere quale sia il rapporto tra questa mostra di William Klein e la presenza a Pordenone dello scrittore Paul Auster per “Dedica 2009”, io credo che si possa rispondere con due brevissime citazioni tratte dalla celeberrima “Trilogia di New York”, più precisamente dal terzo dei racconti, “La stanza chiusa”: “A conti fatti, la vita si riduce ad una somma di incontri fortuiti, di coincidenze, di fatti casuali che non rivelano altro che la loro mancanza di scopo”. E, qualche pagina dopo: “Ogni vita è inspiegabile… Per quanti fatti si riferiscano, per quanti dettagli vengano forniti, il nocciolo resiste alla rappresentazione”.

Si potrebbero citare molte altre frasi, o riassumere brani interi del libro per testimoniare che anche quello di Auster è un interesse vivissimo all’accadere, all’imponderabilità degli eventi che finiscono per “fare” la vita di ognuno, senza che attorno a questo “fare” si possa chiudere una ricerca razionale. Il senso del narrare allora si identifica con la scelta dello scrittore, con la sequenza delle situazioni che egli decide di mettere in scena: in ciò una sostanziale affinità tra i due autori mi sembra evidente.

Giancarlo Pauletto


La mostra rimarrà aperta fino al 10 maggio, con ingresso libero, nei seguenti orari
feriale: 16.00/19.30
festivo: 10.30/12.30 e 16.00/19.30
Chiuso: 12, 13, 25 aprile e 1 maggio
L'INGRESSO ALLA MOSTRA E' LIBERO
Catalogo in galleria
 

Centro Culturale Casa A. Zanussi Pordenone – Via Concordia, 7 – Pordenone
Tel. 0434 365387 – Fax 0434 364584 – info@centroculturapordenone.it