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Ado Furlan. 1905/1971

369° mostra d'arte

da sabato 10 dicembre 2005 a domenica 26 febbraio 2006

Sabato 10 dicembre, alle ore 16.00, verrà inaugurata, nell’Auditorium della Regione di via Roma a Pordenone, l’esposizione che il Comune di Pordenone e l’Amministrazione Provinciale di Pordenone hanno pensato di allestire per ricordare insieme l’artista pordenonese Ado Furlan, in occasione del centenario della nascita. Durante l’inaugurazione si presenteranno i temi che le tre sedi della mostra hanno sviluppato in modo complementare, per rivedere un’importante personalità della scena artistica e culturale del Friuli del Novecento. http://www.comune.pordenone.it/citta/eventi/adofurlan

La Galleria Sagittaria del Centro Culturale Casa A. Zanussi di Pordenone, una delle tre sedi scelte, ospita, fino al 26 febbraio 2006, la mostra “Ado Furlan. Artisti e amici romani. Opere 1930-1945. La mostra della Galleria Sagittaria è organizzata dal Centro Iniziative Culturali Pordenone in collaborazione con la Fondazione Ado Furlan, la Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico ed etnoantropologico del Friuli Venezia Giulia, la stessa Soprintendenza della regione Lazio, e l’Università degli Studi di Udine, con il contributo della Banca Popolare FriulAdria.
Questa esposizione, curata dal critico d’arte Giancarlo Pauletto come il relativo catalogo, vuole ricostruire il clima culturale che Furlan trovò a Roma, negli anni in cui visse nella capitale a stretto contatto con moltissimi artisti, dei quali divenne amico. Si troveranno così più di trenta olii, una quindicina di sculture e trenta disegni di artisti come Mafai, Scipione, Raphaël, Mazzacurati, Montanarini, Fazzini, Savelli, Guttuso, Cagli, Melli, Trombadori, Pirandello. Mirko e Afro Basaldella, Ferrazzi, Ziveri, Cavalli, Guzzi. Le opere sono giunte alla Gallera Sagittaria grazie alla collaborazione di Francesco Muzzi dell’Archivio Cagli di Roma, di Netta Vespignani dell’Archivio della Scuola Romana, della Galleria d’Arte Moderna di Udine, dell’Archivio Afro di Roma, di Vera Zariski di Roma e di tutti i collezionisti privati che hanno messo a disposizione le loro opere.
Attraverso le frequentazioni durante il suo periodo romano Ado Furlan perfezionò il suo stile personale, influenzato dal fascino della città eterna sia per la sua storia che come capitale nella quale avrebbe desiderato trasferirsi anche con la famiglia. Poi la chiamata alle armi, nel 1942, cambiò il suo destino, lasciando comunque una traccia indelebile di quegli anni nella sensibilità estetica dell’artista. Importanti rimangono anche le lettere che scrisse nel periodo romano alla famiglia, oggi raccolte nel libro “Eterna Roma. Lettere a Ester 1936-1942”, utili, se non fondamentale fonte, per ricostruire il clima culturale romano nel quale visse.
La mostra si può visitare da lunedì a sabato, ore 16.00-19.30, domenica ore 10.30-12-30 e 16.00-19.30. Si organizzeranno visite guidate e laboratori didattici per le scuole. Per informazioni telefonare al numero 0434 553205, sito www.culturacdspn.it

La mostra “Ado Furlan. Artisti e amici romani, opere 1930-1945” dice già nel suo titolo - molto sinteticamente - ciò che presenta ai visitatori.
Si tratta di una delle tre mostre dedicate allo scultore di Pordenone nel centenario della nascita, precisamente quella che ha per scopo di ricreare, ovviamente nei limiti degli spazi e delle possibilità date, il “clima” della giovane arte romana degli anni ’30 e primi ’40, quella con cui Furlan si trovò a stretto contatto durante i suoi anni romani, dal 1939 a tutto il 1942, anni entusiasmanti e difficili contemporaneamente, nel corso dei quali si saldarono profonde amicizie e si aprì, per l’artista, la concreta possibilità di trasferirsi definitivamente a Roma, dato che egli aveva saputo, con la sua tenace volontà e superando non piccoli problemi, creare le condizioni reali affinché ciò potesse avvenire.
Il giovane Furlan era – ovviamente si potrebbe dire – affascinato dalla città, sia per la sua storia, come per il suo ruolo politico di capitale, come per le possibilità di inserimento e di lavoro che comunque presentava, e per gli stimoli e i confronti artistici che solo lì erano, in quel momento, possibili.
Si legò in amicizia e in frequentazione con alcuni dei protagonisti di quegli anni, come Fazzini, Montanarini, Guttuso, Capogrossi, Savelli, Mazzacurati, sapendo riconoscere il valore la dov’era se, scrivendo da un ritorno a Pordenone all’amico Savelli, non solo si complimenta con lui per il riconoscimento ricevuto al Premio Bergamo, ma anche si compiace per il successo della contrastata “Crocifissione” di Guttuso, al quale prega l’amico di fare le sue congratulazioni appena lo avesse incontrato.
Due suoi lavori erano stati scelti per essere realizzati nel Foro Mussolini, si era inserito nel mondo della scuola, una sua mostra alla galleria della “Barcaccia”- assieme agli amici Tramontin, Brunetta, Giuliani e Seibezzi – aveva riscosso notevole interesse.
A ogni possibilità, in maniera irreversibile, pose fine la guerra, e la chiamata alle armi.
La mostra dunque vuole ricostruire, naturalmente per exempla, soprattutto il clima della giovane arte di quegli anni, presentando sculture pitture e disegni di Mafai, Scipione, Raphaël, Mazzacurati, Montanarini, Fazzini, Savelli, Guttuso, Cagli, Melli, Stradone, Trombadori, Pirandello, Mirko e Afro Basaldella, Ferrazzi, Ziveri, Cavalli, Guzzi, Trombadori.
Dall’espressionismo “Scuola Romana” di Mafai, Scipione, Mazzacurati, Guttuso, Pirandello, Cagli, Savelli, Montanarini, Stradone, ognuno naturalmente giocato all’interno delle specifiche risorse e ricerche personali, al “tonalismo” mentale e costrutto di Melli, Trombadori, Capogrossi, Guzzi, Cavalli, ad Afro tonalmente veneto e poi già cubisteggiante, a Mirko lirico e quasi romantico, alla Raphaël con la sua decisa, densa strutturazione plastica, a Fazzini quotidiano e “naturale”, al già evidente “realismo” di Ziveri, alle nuove ricerche di Ferrazzi, la mostra – crediamo – cita con evidenza un momento storico e apre con qualche opera, in particolare con gli “Zolfatari” di Guttuso, su ciò che accade nell’immediato dopoguerra.
Per la varietà dei materiali presenti – più di trenta olii, una quindicina di sculture, oltre trenta disegni – e per la loro complessiva qualità, confidiamo che sarà un vero piacere, per i visitatori, aggirarsi nella mostra, riconoscendo, al di là del puro piacere estetico, opere essenziali dell’arte italiana degli anni considerati.
All’interno di questo percorso sta simbolico un “Autoritratto-maschera” realizzato da Furlan attorno al 1940, e alcune opere a lui dedicate da amici di quegli anni romani.
Opere che, oltre il loro significato estetico, testimoniano in maniera per noi anche commovente il passaggio centrale di un’esistenza sempre devota all’arte e alla cultura.
Giancarlo Pauletto
 

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