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Elio Caredda

Albedo. Una luccicanza ben temperata
427a mostra d'arte
Galleria Sagittaria

dal 21 febbraio al 26 aprile 2015
Galleria Sagittaria Pordenone

La mostra, organizzata dal Centro Iniziative Culturali Pordenone, con il sostegno di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il Centro Culturale Casa A. Zanussi di Pordenone, sarà aperta al pubblico da martedì a domenica in orario 16.00 > 19.00 fino al 26 aprile 2015. Chiuso 4, 5, 6 e 25 aprile 2015.

La mostra verrà inaugurata presso l'Auditorium Lino Zanussi del Centro Culturale Casa A. Zanussi Pordenone, sabato 21 febbraio 2015, ore 18.30, con intervento di Angelo Bertani, curatore della mostra.
INGRESSO LIBERO
 
CATALOGO
In Galleria a disposizione uno speciale catalogo


VERSO IL BIANCO E OLTRE
di Angelo Bertani

Chi entra nella grande sala della Galleria Sagittaria può vedere distendersi sulla parete di destra una sequenza di quadri a un primo sguardo un po’ ermetici, caratterizzati come sono da segni bianchi tracciati sulla superficie di vetro trasparente e disposti su più linee orizzontali e parallele: queste opere hanno per titolo Ush dar dam, ovvero La consapevolezza del respiro. Procedendo oltre il visitatore si trova poi di fronte ad un’altra opera, all’apparenza diversa eppure affine: si intitola Mai entrato, mai uscito ed è composta da una superficie circolare di candida tela da cui emergono delle spine che formano la parola “io”. In verità il nucleo principale della mostra personale di Elio Caredda si manifesta già qui, in questi lavori essenziali, ma molto incisivi che rivelano una concezione dell’arte strettamente collegata ad una ricerca interiore e a un percorso ideale di consapevolezza che però si confronta costantemente con le contraddizioni dell’esistenza.


Secondo il Sufismo, antica dottrina e disciplina di perfezionamento spirituale, il primo principio da seguire per la propria autentica realizzazione interiore è quello della consapevolezza del respiro, ovvero il riconoscimento del mistero e della forza della vita eterna che esiste in ogni essere vivente, consapevolezza che deve pure tramutarsi in uno stato di gratitudine riflessiva. Elio Caredda in ciascuna delle opere del ciclo Ush dar dam ha lasciato depositare il tracciato spirituale del proprio respiro, ora dopo ora, giorno dopo giorno, come pratica spirituale autodisciplinante e visualizzazione rituale della meditazione sul Sé: ne risulta così una sorta di diario esperenziale in cui il bianco sta per il sentirsi vivere e per il desiderio ricorrente di purificazione, mentre l’ombra di quello stesso bianco ci appare come un inscindibile invito alla riflessione riguardo alla fragilità dell’esistere e delle sue aspirazioni; alla fine però il risultato estetico e la musicalità intrinseca di ciascun lavoro intendono ricordarci che la somma dei segni (e dunque analogicamente dei respiri) è sempre inferiore alla qualità dell’insieme: il quale ne è costituito ma li trascende (e ciò è vero per l’arte così come per la vita).
Alla luce della consapevolezza del respiro e più in generale dell’esistenza va letta pure l’opera intitolata Mai entrato, mai uscito presentata sulla parete di fondo. Nella nostra cultura occidentale l’Io ha avuto ed ha una centralità apparentemente assoluta, anche se si tratta in verità di una dimensione psichica indistinta e però idolatrata in cui la spiritualità autentica spesso “non è mai entrata e non è mai uscita”. L’Io è davvero un problema spinoso (si potrebbe dire ricorrendo a un facile motto di spirito forse gradito ai freudiani) e infatti l’Ego paradossalmente può apparire la fonte di ogni libertà, ma può pure trasformarsi in una prigione insostenibile e affrancarsi dalla sua tirannia è sempre stato l’obiettivo primario di ogni pensiero spiritualizzante. L’Io è il principale mediatore della consapevolezza, ma anche delle pulsioni inconsce e delle esigenze sociali: e proprio perché stretto tra queste opposte esigenze psichiche viene simbolicamente rappresentato da Elio Caredda come un’entità che nel momento in cui si afferma entra in conflitto con la sua stessa immagine, che invece dovrebbe essere rassicurante. […]
Che l’arte abbia, o abbia avuto, più di un’affinità con il processo alchemico è risaputo e alcuni grandi artisti del ‘900 (da Duchamp all’Arte Povera) hanno dichiarato esplicitamente tale rapporto. E spesso Elio Caredda nelle sue opere offre chiavi interpretative di tale natura, a partire dalla scelte cromatiche (il nero, il verde acido, il rosso, l’oro) che indicano spesso gli stadi di una trasformazione della materia verso gradi più alti di conoscenza: d’altra parte la prevalenza decisiva del bianco in gran parte dei suoi lavori rimarca la tensione della sua arte verso l’Albedo, cioè la dimensione in cui la mente è illuminata, aperta, ricettiva e raggiunge una piena sintonia col mondo circostante. In verità il processo di trasformazione a cui presiede l’arte (trasformazione della materia, trasformazione dell’anima) è tortuoso e difficile. Spesso l’individuo si sente sovrastato da condizionamenti che provengono dall’esterno e da lontano: come accade metaforicamente all’omino blu de Il confine delle pienezze, costretto in una specie di gabbia costituita dalle influenze degli astri che, non è dato saperlo, determineranno o la sua liberazione o la sua schiavitù. Certo è che l’arte, quella autentica, richiede la fedeltà quasi eroica a una visione originale e propria, priva di cedimenti alle facili lusinghe di un sistema dell’arte che promette furbescamente di trasformare persino la materia più sorda in oro. Ma se l’arte è o dovrebbe essere pensiero intuitivo espresso attraverso la creazione di immagini, non può limitarsi a un indotto e ripetitivo esercizio di stile nel continuo inseguimento di qualcosa che mai verrà raggiunto. Molti, dopo aver intrapreso questa strada, inevitabilmente hanno presto ceduto all’inautenticità. Al contrario Elio Caredda, lo si sarà capito, ha veramente qualcosa da dire, ha un suo ricco mondo interiore da condividere e possiede la piena consapevolezza intellettuale del suo lavoro: dunque non cederà mai. Se non al brillìo luminoso di una nuova intuizione.

 

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Rassegna stampa

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