Foto e poesie dalla Bosnia Erzegovina
FOTO E POESIE
DALLA BOSNIA ERZEGOVINA
IRSE Istituto Regionale Studi Europei del Friuli Venezia Giulia
CICP Centro Iniziative Culturali Pordenone
in collaborazione con
IPSIA - Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli
Associazione L'Altrametà di Pordenone
Giovedì 29 maggio 2008 ore 18.30
INOLTRE: STORIE, STRADE, PERSONE
Percorsi di pace nell'ex Jugoslavia
Inaugurazione della MOSTRA FOTOGRAFICA di Silvia Maraone, Responsabile Settore Volontariato Internazionale IPSIA - Acl
POETI DI BOSNIA ERZEGOVINA
Aleksa Šantić, Adbulah Sidran,
Izet Sarajlić, Rade Šerbedžija e Senadin Musabegović
A cura di Caterina Quadrio, dottore di ricerca Storia e dottrina delle istituzioni, attualmente SCV Ipsia a Mostar; e Anna Sartor, dell’Associazione l’Altrametà di Pordenone.
Con la partecipazione delle attrici Chiara Stoppa e Carla Manzon
MOSTRA FOTOGRAFICA «Inoltre: storie, strade, persone della ex Jugoslavia e dell’Italia» L’idea di questa mostra nasce dalla voglia di raccontare un’esperienza. O meglio, delle storie. Sono le storie che abbiamo sentito, storie di persone che ci hanno raccontato della loro vita, prima, durante e dopo una guerra, ma sono anche le storie che abbiamo vissuto. Grazie alla volontà di alcune persone, dotandosi di una struttura flessibile e dinamica, è nato un progetto, promosso dalle Acli, che ha coinvolto molti giovani volontari italiani e creato rapporti con persone scappate dalla Bosnia che hanno trovato rifugio in 23 centri di accoglienza in Slovenia. Questo è stato il progetto Un Sorriso Per la Bosnia. Un progetto di scambio, in cui i volontari italiani hanno più ricevuto che dato (…) Abbiamo portato scatole, pannolini, biscotti, zucchero, dentifricio, quante più volte è stato possibile. Vestiti, scarpe, giocattoli (…) Niente eroismi, niente sacrifici, niente super volontari d’assalto che salvano il mondo. Persone che stanno con persone. E adesso, dopo dieci anni, in queste foto, raccontiamo chi sono le persone con le quali siamo stati. Raccontiamo la nascita di un bambino nel campo profughi, mentre in televisione scoppiano le granate su Sarajevo. Raccontiamo le feste al campo, le canzoni suonate nelle stanze, raccontiamo i volti di chi ci ha parlato, i foulard delle babe, gli occhi azzurri e le rughe di queste persone. Musulmani, cattolici ortodossi, accomunati dalla stessa sorte di popolo in fuga, cacciato dalle proprie case e costretto a ripararsi in una terra che è diventata d’un tratto straniera. Raccontiamo di un altro progetto, che si chiama Terre e Libertà, che si è spostato, è cresciuto. Dalla Slovenia, alla Bosnia. E inesorabilmente, il Kosovo. Raccontiamo del futuro che ci sarà, raccontiamo del presente che c’è, le storie di chi vive ora in Bosnia, descriviamo com’è la vita lì, adesso. Una vita che ricomincia, tra una casa distrutta e una ricostruita. E di nuovo le persone, di nuovo volontari italiani che hanno a che fare con bambini bosniaci. Questa mostra è tutta qua. Negli occhi, nelle risate, nei momenti di normalità. Una mostra che potrebbe parlare di un qualunque posto al mondo, perché la normalità si può distruggere ovunque, facilmente. Perché le persone sono le stesse dappertutto. [Silvia Maraone]
POETI DI BOSNIA ERZEGOVINA «Com’è giusto che sia dentro una guerra, come dentro un assedio o in prigioni, si scrivono poesie. Manca tempo per darsi ai lenti capitoli della prosa, non c’è carta né lume sufficiente. Solo la poesia corrisponde all’emergenza, sta alla pari con il casaccio di armi e di esplosioni. Sono state la colonna sonora del 1900 e la rosa, parola universale dei poeti, è stata disegnata sull’asfalto dall’impatto di una granata». (Erri De Luca, dalla prefazione a La polvere sui guanti del chirurgo di Senadin Musabegović).
La Bosnia Erzegovina è una delle repubbliche sorte dallo smembramento della Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, al termine di una sanguinosa guerra durata quattro anni.
Dopo 13 anni dalla conclusione delle azioni armate la Bosnia Erzegovina è uno Stato ancora in grande difficoltà.
La ricostruzione materiale non è stata portata a termine, le città che sono state oggetto di assedi rimangono ancora visibilmente ferite, i paesi bruciati e distrutti rimangono triste testimonianza della pulizia etnica, la maggiore e terrificante strategia della guerra nell’ex-Jugoslavia; ma quel che è peggio è che la situazione economica è di profonda crisi, un capitalismo sfrenato ha invaso con centri commerciali e auto di lusso le città, ma il livello della disoccupazione rimane a livelli problematici, il processo di riconciliazione non compie significativi passi in avanti e i giovani sognano solo di emigrare.
Per questo, dar voce alla condizione bosniaca e ascoltare le problematiche di un Paese collocato al centro del continente europeo diventa basilare per un processo di integrazione e pacificazione. La cooperazione, la stabilità e la sicurezza sono fatte anche di scambi culturali. (…) Tra le molteplici forme di espressione artistica e letteraria si è prediletta la poesia. I poeti non sono stati scelti esclusivamente all’interno della produzione poetica degli anni della guerra o come appartenenti ad un particolare popolo dell’ex-Jugoslavia.
Si è cercato di trovare una produzione che fosse bilingue per facilitare la comprensione dei testi.
Molti bosniaci, croati e serbi vivono anche nella nostra città (Pordenone), molti di loro vi sono giunti durante la guerra altri nel periodo successivo, questo è un omaggio anche a loro, per salvare in qualche modo la memoria di quanto è stato, per tendere una mano alla conciliazione e alla conoscenza. [Caterina Quadrio]
Aleksa Šantić nato a Mostar nel 1868 dove morirà nel 1924. È tra i più conosciuti scrittori erzegovesi. Proveniente da famiglia di mercanti compì studi commerciali a Trieste e Ljubljana. È stato fondatore del giornale culturale Zora e presidente della Compagnia degli scrittori serbi di Mostar Gusle. La sua vita è stata la base per un lungo film romantico dal titolo Mio fratello Aleksa. Tra le sue poesie più famose Moja otadzbina (La mia patria), Ostajte ovdje (Rimanete qui), Hljeb (Pane), Emina.
Adbulah Sidran nato alle porte di Sarajevo nel 1944, di formazione occidentale, si nutre della grande traduzione musulmana bosniaca, poeta della complessità europea nel drammatico crocevia storico e culturale dei Balcani. Sidran è anche sceneggiatore, ha un ruolo decisivo nella cinematografia svlava con le opere Ti ricordi di Dolly Bell (Kusturica, 1981, Leone d’oro a Venezia), Papà in viaggio d’affari (Kusturica, 1985, Palam d’oro a Cannes), nel 1997 firma con Ademir Kenović Il cerchio perfetto, film sull’assedio di Sarajevo.
Izet Sarajlić nato a Doboj nel 1930 da un’antica famiglia musulmana della Bosnia, è tra i più noti poeti della sua generazione nella ex Jugoslavia. È stato autore e curatore di diverse raccolte di poesie. Durante l’assedio di Sarajevo ha scritto Il libro degli addii e Poemi di guerra di Sarajevo, la Fondazione Laboratorio Mediterraneo gli ha assegnato il Premio Sarajevo 1997.
Rade Šerbedžija nasce nel 1946 a Bunić presso Titova Korenica, cresce a Vinkovci, studia presso l’accademia teatrale e cinematografica di Zagabria, è attore, regista, insegnante teatrale cantante e anche poeta. Ha pubblicato tre libri di poesie: Promjenljivi (Mutevoli), Subotica 1987, Crno, crveno (Nero, rosso), Zagabria, 1989 e Prijatelj ga kaže više ne poznaje (L’amico dice di non conoscerlo più) Spalato 1997, 2001.
Senadin Musabegović nato a Sarajevo nel 1970 dove vive. Durante l’assedio della città (1992-1995) ha combattuto nelle file dell’esercito bosniaco e ha cominciato a scrivere saggi, poesie e racconti. Dopo la guerra è arrivato a Siena, in Italia, dove ha finito gli studi presso la locale facoltà di Lettere e Filosofia. Ha pubblicato nel 1995 il primo libro Udarci tijela (Colpi del corpo). La sua seconda opera Odrastnje domovine (La polvere sui guanti del chirurgo) è del 1999, con quest’ultimo libro, considerato il migliore pubblicato in tutto il Paese, nel 1999 ha vinto il premio dell’Associazione degli scrittori della Bosnia Erzegovina. Il suo terzo libro Rajska lopata (La pala del paradiso) è del 2004.