Luca Vivan
Terzo classificato - Sezione Senior
Le rane e i grilli riempiono la notte di un’armonia semplice. Osservo il cielo stellato, la luna crescente tra le foglie di una palma. Non so bene perché mi trovo qui, mentre scrivo in una vecchia caravan degli anni ’70, in una fattoria del Queensland, a quasi 17000 km da dove sono nato. Volevo imparare l’inglese, ma non è una risposta esauriente. Delle volte è necessario un cambiamento radicale. Giunge un momento in cui bisogna allontanarsi dalle proprie abitudini per intraprendere un nuovo cammino.
Era novembre di un anno fa, da mesi sentivo che dovevo andare da qualche parte, magari al nord Europa, in cerca di una mentalità più pragmatica, più rispettosa dell’ambiente. Sentivo l’urgente bisogno di confrontarmi con qualcosa di nuovo, in un posto lontano. Non pensavo così lontano però.
La parola Australia venne per caso, una battuta tra amici in una piazza di Bologna. Due anni prima avevo trascorso 6 mesi nell’Amazzonia brasiliana con un progetto di cooperazione, l’idea di andare agli antipodi non mi sembrò così bizzarra.
Avevo sentito parlare del wwoofing, del lavoro volontario in fattorie che praticano l’agricoltura biologica. Imparare come coltivare piante commestibili senza l’uso di sostanze chimiche, lavorare all’aria aperta, vivere con persone mai viste prima mi è sembrata un’idea eccezionale, non solo per viaggiare, ma soprattutto per imparare.
A fine gennaio arrivai a Sydney, senza nessuna guida, deciso a lasciarmi guidare dal caso. Con me solo il dizionario d’inglese e il libro del wwoofing in cui si trovano i contatti delle fattorie o delle piccole proprietà che accettano volontari. La meta: muovermi verso nord, per passare l’inverno, da giugno a settembre nella zona tropicale, perché di vestiti pesanti nello zaino non ne entravano molti.
Un viaggio azzardato? Non lo nego, ma a distanza di 10 mesi posso dire che è stata un’esperienza eccezionale, perché non mi aspettavo nulla. Non sapevo mai quello che avrei incontrato: né le persone che mi hanno dato una mano, dandomi un passaggio in macchina o aprendomi la loro porta di casa, né le nuove conoscenze che avrei fatto sull’agricoltura e sulla salute, né i paesaggi magnifici in cui sono stato immerso come le Blue Mountains o la baia di Byron Bay, né la vegetazione incredibile che ho potuto osservare durante le mie passeggiate, come le foreste pluviali della zona subtropicale o le decine di specie differenti di eucalipto, con le loro cortecce che si aprono, come se si spogliassero.
Non ho mai raggiunto il Tropico del Capricorno. Mi fermavo dove mi trovavo bene, qualche settimana o magari due mesi come ora, nella fattoria in cui mi trovo. Non ho visto Ayers Rock, o Uluru, come viene chiamata ora in rispetto alla cultura aborigena, non mi sono avventurato sulla barriera corallina, eppure non ho rimpianti. Non ho cercato dei luoghi da mettere nella memoria, come fossero souvenir. Ho cercato nuove idee, nuove prospettive e anche una nuovo Luca, ma forse questo è troppo presto per dirlo.