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Approfondimenti

essere significativi per sé e per gli altri

Essere significativi per sé e per gli altri è, quest’anno, il titolo della serie di incontri Martedì a dibattito curata da don Luciano Padovese e proposta da Presenza e Cultura e dal Centro Culturale Casa A. Zanussi di Pordenone.
Essere significativi, quindi, essere segni per se stessi, ossia fondati sulla vita, forti, strutturati, positivi, e segni orientativi per gli altri. Incontri attraversati da un unico filo conduttore, da un obiettivo comune che consiste nel promuovere la crescita personale e collettiva, favorendo l’acquisizione di orientamenti di coscienza e la maturazione di comportamenti sociali responsabili. Dunque, un ciclo di interventi che, con lo scopo di aiutare le coscienze personali e collettive a diventare protagoniste, a vivere autenticamente se stesse, nell'ordine della realtà definita dalla propria originalità, indicano atteggiamenti interiori ed esteriori fondamentali negli ambiti di vita e nei momenti più determinanti dell'esistenza personale e relazionale: l'affettività, il lavoro, la gestione economica, l’interiorità, il tempo libero, il bene comune. Tutte situazioni che sono risorse e nel contempo rappresentano altrettante esigenze.

Sinceri e progettuali nella vita affettiva
martedì 5 ottobre 2010

Il primo incontro dei Martedì a dibattito di Presenza e cultura, tenutosi il 5 ottobre 2010, ha mostrato come l’essere progettuali e l’essere sinceri siano elementi basilari nella vita affettiva. In un tempo contrassegnato da disorientamento e precarietà, involgarimento e litigiosità, occorre ritrovare il senso della bellezza. La società odierna vive una condizione di disorientamento radicale, di assenza di modelli. Una carenza che non corrisponde al solo rifiuto di alcune norme di comportamento specifiche, ma anche alla mancanza dell’idea che ci devono essere delle regole. Un deficit che prende origine da una disaffezione generale dai valori causata dalla convinzione che è più importante vincere che investire: al primato dell’idealità e della visione, si sostituisce quello del successo immediato. E così anche la precarietà, l’involgarimento, la litigiosità hanno alla radice l’egoismo, la carenza di cultura, l’assenza di senso estetico.
Occorre, allora, educare, estrarre risorse vitali che possano costituire segni per se stessi e per gli altri, segni estetici: alimentare quella situazione interiore che va sotto il nome di bellezza globale della persona. E la risorsa vitale per eccellenza è l'amore, l'affettività. In genere, questa parola, e anche questa esperienza, viene affrontata con poca profondità. Invece, l’affettività è lasciare una traccia, provocare una reazione, generare una novità, rinnovare un’energia vitale. È uscire da se stessi, andare verso tutto ciò che è materiale di vita, unirsi, segnarsi reciprocamente, e tornare a sé arricchiti, avendo rinvigorito anche la realtà amata. La potenza dell’affettività, dal punto di vista cristiano, assume un ulteriore valore: è irrobustita dall’amore e dalla forza di Dio, da un cuore nuovo.
L’affettività che lascia un segno significativo è, allora, sapienza del cuore, vera intelligenza che nasce dall’affetto equilibrato dalle motivazioni e unifica tutte le parti della persona, ossia corrobora il sentire di progettualità e di sincerità, di verità. Bisogna, dunque, essere trasparenti interiormente per poter diventare amanti autentici, ricercare il nuovo, sognare. In altri termini, occorre narrarsi, per narrarci: andare dentro la propria miniera, dirsi quello che si è per capirsi, fare in modo che la propria vita sia un racconto utile agli altri, possibilmente una favola

competenti e collaborativi nei luoghi di lavoro
martedì 9 novembre 2010
 

Oggi il lavoro rappresenta un problema, per la sua assenza o, al contrario, per overdose. E là dove si lavora spesso ci si scontra con logiche e atteggiamenti distorti: la competizione, sempre intesa come contrapposizione; l’arrivismo, ossia l’affermazione di se stessi a scapito degli altri; la strumentalizzazione, ovvero il non considerare la complessità della persona; l’utilitarismo, cioè il non riconoscere la centralità della persona.
Tutte manifestazioni di un radicale stravolgimento del senso dell’agire dell’uomo. Infatti, il lavoro, l’impegno effuso per il proprio sostentamento, così come tutta l’altra attività umana, è espressione della propria libertà e richiede, pertanto, di essere pervaso di amore. Così compreso, il fare lavorativo non può che essere permeato della propria umanità: dal dialogo, dall’amore, dalla ricerca della bellezza. A imitazione di Dio che nel lavoro della creazione esprime se stesso e, subito dopo, la propria felicità per ciò che ha fatto: una creatività che si comunica amorosamente e gioiosamente.
Così, ogni persona comunica la propria dignità al lavoro che svolge. E non viceversa.
Occorre, allora, essere competenti: mettere insieme quello che si fa con quello che si è. Ossia, fondere e contaminare tra loro l’impegno per il proprio sostentamento e tutta l’altra attività, costruendo una competenza più ampia che corrisponda alla propria dignità, alla propria identità, alla propria felicità.
E, poi, occorre essere collaborativi, lavorare insieme, per gli altri e con gli altri. Alimentare coinvolgimento e interesse, essere sempre espressione della propria originalità, favorire un ambiente positivo, sereno.
Occorre, in definitiva, accrescere, di contro agli eccessi della specializzazione, la propria cultura di vita, dalla quale attingere sempre senso pieno e nuove motivazioni.
 

sobri e solidali nella gestione economica
martedì 30 novembre 2010

Pur nelle contraddizioni prodotte dalla crisi, che è economica, ma molto di più morale, dei valori, della personalità, è fondamentale mantenere la propria identità. Affermare, come e con il Vangelo, il primato dell’essere sull’avere. E, in tal modo, riformulare il senso e l’importanza del denaro: avere dei mezzi per esprimere se stessi.
Occorre, cioè, riequilibrare l’uso dei soldi, avendo come criterio di valutazione la persona.
In altri termini, bisogna essere accorti e sapienti nell’utilizzo dei beni: usare giustizia, e dare concretezza al principio della gratuità.
Essere giusti vuol dire riconoscere i diritti di chi non ha, non possiede, o ancora, dare la facoltà di vivere a chi non ne ha la forza. Cosa possibile solo a partire dall’individuazione e dalla stima dei propri veri diritti, passaggio indispensabile per poter osservare quelli degli altri. Infatti, Dio ha dato il mondo a tutti: non bisogna essere pauperisti, ma giusti.
Essere gratuiti nella gestione dei beni significa esprimere la propria operatività economica sulla base della considerazione che siamo tutti uguali. Vuol dire, cioè, alimentare la solidarietà di cuore: stare con le persone, ascoltarle. Anche con le persone amate. Occorre, per ciò, rifarsi all’Agape, all’Amore senza confini. A Gesù, che, nell’ultima cena, dà due doni ai suoi: il suo tempo e se stesso.
Occorre pure essere essenziali, ossia sobri e fiduciosi. Dunque, confidare, cioè, credere insieme: avere fiducia di Dio, che ha fiducia di noi, insieme agli altri. E, inoltre, avere e dare speranza. Sperare significa essere disponibili a qualsiasi cosa. Comunicando, così, serenità e pace a chi è vicino.

Equilibrati e intensi nella dimensione interiore
martedì 11 gennaio 2011

L’apatia, atteggiamento oggi assai diffuso, è mancanza di passione. È, cioè, una miscela di indifferenza e di inerzia che porta all’inaridimento, alla stagnazione, a perdere il contatto con la propria vita: si è subissati dalla routine che viene imposta dagli altri e, così, si arriva alla totale assenza di alimentazione, alla denutrizione del proprio io profondo e all’infelicità. Occorre, invece, avere un godimento interiore, un calore, una vivacità, una forza interna, un entusiasmo, un ottimismo. In altri termini, occorre compiere un recupero di significati, curando la propria dimensione interiore.
Alimentare la propria interiorità significa, infatti, tornare alla radice, alla parte sorgiva di se stessi, vuol dire, cioè, avere una spiritualità e fondare la propria struttura su un patrimonio di valori invisibili: la coerenza, la fedeltà, la ricerca della verità, il rispetto e la stima dell’umano. Anche quando si ha un’adesione confessionale è necessario far crescere e maturare pure ciò che sta sotto il vestito religioso, perché è la base su cui si innesca la ricerca e la scoperta del divino: Dio si è fatto uomo perché nell’uomo vedessimo Dio. E Gesù non si è premurato di avere dei seguaci, ma di far diventare più profonde le persone, dando loro il suo cuore.
Nutrire la propria profondità è, dunque, un impegno da assumere con continuità e costanza, fondendo insieme intelligenza e sentimento, razionalità ed emozione, per dare consistenza ad una spiritualità che vissuta nel quotidiano è capace di avvolgerne ogni aspetto. Che consiste, cioè, nell’amare la vita, nell’accettare se stessi, nel trovare l’umanità positiva dovunque, nello stimare tutto ciò che è bello.

Gioiosi e creativi nel tempo libero
martedì 8 febbraio 2011

Di contro agli equivoci che lo intendono come uno spazio occupato da attività, seppur alternative alla routine, già preconfezionate, il tempo libero è, in realtà, l’opportunità per abbattere il muro delle situazioni imposte dagli altri. Non è, cioè, il tempo speso nella partecipazione ad eventi spettacolari, venduti come culturali, ma in realtà concepiti con logiche consumistiche. Non è neppure il tempo trascorso navigando nel mare virtuale della rete internet, se il risultato è quello di rimanere annegati, attanagliati e soffocati. E nemmeno quello passato a subire e ad assorbire la volgarità, la violenza e il mercantilismo che oggi affliggono e mortificano gli ambienti sportivi più visitati. Non è neanche, infine, il tempo impiegato praticando località turistiche, se ciò significa andare in luoghi marini al solo scopo di frequentare locali notturni, oppure recarsi a sciare, dovendosi perciò dotare di attrezzature costosissime. Si tratta sempre di tempo dedicato al “padrone”: funzionale al consumo di ciò che lui ha messo a disposizione.
Il tempo libero è, invece, un potenziale di cui giovarsi per un recupero di autenticità.
È il tempo per ricaricare la propria libertà, per garantirla, per tenere, cioè, libera la libertà. È, perciò, il tempo dell’amore, dell’affettività, dell’amicizia, dell’intimità, del dialogo. È il tempo della cultura, ossia di ogni occasione che può far crescere il senso estetico, la conoscenza, ed arricchire e riempire l’anima. È il tempo delle emozioni, dei desideri e dei sogni: è, dunque, occasione per dare espressione alla fantasia, alla creatività, alle proprie potenzialità. In altre parole, è spiraglio per la cura della propria interiorità, per instaurare una relazionalità profonda prima con se stessi e poi con gli altri.

Partecipi e responsabili nel bene comune
martedì 15 marzo 2011

Non si può essere felici se non insieme. Infatti, non ci può essere relatività che non rispetti le altre relatività, senza rischiare di essere un assoluto. Occorre, allora, perseguire il bene comune, valore e obiettivo raggiungibile solo attraverso la partecipazione responsabile di ciascuno e della collettività nel suo complesso. Cercare il bene comune significa favorire il conseguimento dei beni che sono necessari per vivere e creare le condizioni perché tutti possano ottenerne la loro parte, possano vedere, cioè, assicurato il loro diritto a nutrirsi, vestirsi, istruirsi, ad esercitare la propria libertà di pensiero, a formare una famiglia, ad essere curati. Sfide, ma anche presupposti, sono, allora: il rispetto di ogni persona, che, sul piano politico, significa assumere il dovere di garantire le persone umane, di porsi al servizio dell’umanità, di affermare l’autonomia della persona, dunque, di riconoscere le singole personalità, dando la priorità a tutto ciò che è a favore della vita, della vitalità; giustizia per tutti, che vuol dire assicurare ad ognuno il proprio diritto a vivere, o, in altri termini, non accondiscendere ad alcuna forma di corruzione; la tutela, quindi il rispetto, dell’ambiente, anche sostenendo, per esempio, il ricorso a fonti di energie rinnovabili e scoraggiando, invece, il nucleare. Ne conseguono la promozione fattiva del lavoro ai giovani, delle pari opportunità, e l’opposizione all’inamovibilità di chi occupa posizioni vantaggiose. Si comprende, quindi, che occorre essere protagonisti, non gregari. E, in particolare se si ha un ruolo di responsabilità politica, essere competenti, avere una moralità, essere credibili, avere valori umani. I cristiani, poi, dovrebbero essere tali, coerenti, anche nella vita pubblica.

 Michela Favretto

registrazioni audio

01 martedi dibattito 05ott2010.mp3 18.0 MB
02 martedidibattito 9nov2010.mp3 15.3 MB
03 martedidibattito 30nov2010.mp3 83.9 MB
04 martedi dibattito 11gen2011.mp3 76.6 MB
05 martedi dibattito 8feb2011.mp3 79.6 MB

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