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Giulia Rossetto

Terzo premio ex-aequo - Junior

Con gli occhi del Nilo
Il sogno di calarsi intimamente in Egitto, vivendo concretamente la sua cultura e la sua quotidianità, diventa il racconto di chi viaggia ancora con il suo fedele taccuino in tasca, pronto ad annotare incontenibile, le impressioni, i pensieri e le idee che emergono dal caos.

“Uahed, etneen, talata, arbah, kamsa…” conto sulle dita, nello sforzo di ricordare, ripetere e riuscire a fare mio quantomeno un brandello di quella lingua inverosimilmente complessa che è l’arabo, mentre sono intenta a registrare le ultime spese: 10 L.E. per 25 cartoline, 35 L.E. per la visita alla Valle dei Re, 80 L.E. per il treno… Sollevo gli occhi dal mio fedele diario, compagno di viaggio in queste due settimane, capace di sopportare i miei sfoghi nei momenti di sconforto, e volgo lo sguardo verso il polveroso finestrino del mio vagone: il sole sta tramontando, come la mia avventura oramai, ma il Nilo scorre placido, separando l’esile striscia fertile abitata da stuoli di palme da dattero dal deserto che si perde nell’orizzonte, continuando il suo corso, imperituro… Immagini, luci, colori, odori, suoni: è una rievocazione continua.
1/03/07 - sbarco al Cairo: io, Mariam, la mia unica valigia, i suoi numerosi bagagli, un’auto strombazzante e priva di sedili ad accoglierci, cartelloni pubblicitari, vita occidentalizzata, Coca Cola e Mc Donald, i sorpassi folli e la casa di Mena e Patty nipoti di Mariam, la vita priva di orari, la sveglia alle 12.00 e il lieto dormire delle 3 di notte.
Poi il treno, dieci ore di viaggio e di sonni difficili: Luxor e l’Alto Egitto. La semplicità dei nipotini di Mariam, il loro continuo cercare la mia mano, lo stupore di fronte alla pelle chiara, l’amicizia con Sara e Nermeen chiamata anche Seamseam, i “Welcome” e i “Dai luce all’Egitto!”, il tempio di Luxor avvolto da rosea luce diffusa all’ora del tramonto, lo sfrecciare delle bici, dei motorini e dei carretti locali che non si rendono conto di avanzare su suoli di antico valore, il bazar di Makarius lungo il Nilo, la nascita del piccolo Fathi e il funerale di Abu Romaney, il cimitero ortodosso affiancato alle tombe della Valle dei Nobili, tè, tè, e ancora altro tè, molto zuccherato, hanian!, la ricerca disperata di carta igienica, la visita ai sobborghi di Maris e Nagada e le notti insonni infestate dalle zanzare, il pane dolce preparato da Eman, una scuola cristiana cattolica povera, pulita e ordinata, le file dei bambini, il canto dell’inno nazionale e i sorrisi, le discordie fra musulmani e cristiani copti, la preghiera del muezzin che di notte fa sobbalzare, una doccia improbabile il venerdì, l’acqua che non scende perché i musulmani si lavano per prepararsi alla festa, i 45°C col sole a picco, il profumo penetrante delle spezie al mercato generale, gli ortaggi variopinti, il succo di canna da zucchero, l’acqua impura e la maledizione di Tutankhamon, le continue contraddizioni, il sammach e la tamia, il ritorno...
Mariam è una donna egiziana, sola, l’Egitto è la sua famiglia: io desideravo vivere quella terra come la vivono i suoi abitanti, sentirmi parte di loro, essere scambiata per una di loro, lasciare che mi arricchissero mentre guardavo con i miei e con i loro occhi l’archeologia faraonica che è la mia passione… Credo di avercela fatta.

TRADUZIONE DEI TERMINI ARABI
-Uahed, etneen, talata, arbah, kamsa: uno, due, tre, quattro, cinque.
-Seamseam: sesamo.
-Hanian: esclamazione corrispondente al nostro “salute!” usata quando ci si ritrova per bere assieme una tazza di tè.
-Sammach: pesce.
-Tamia: polpettina fritta di verdure tipica in Alto Egitto.

 

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