Approfondimenti
costruire rapporti virtuosi nella coppia e in ogni ambito di comunicazione
diversità e uguaglianza che fa comunione
venerdì 22 ottobre 2010
Ogni diversità è impegno, è rischio; d’altra parte, senza diversità non si avrebbe nessuno stimolo per esistere, per vivere ogni giorno nella novità: è il carburante del proprio motore, il mistero del proprio percorso. È, dunque, ricchezza, purché sia colta nell’ambito della bellezza, dell’armonia e, quindi, della felicità.
Tra le tante diversità, la più paradigmatica è quella uomo – donna. Una differenza, quella di genere, moltiplicata da innumerevoli dosature di mascolinità e femminilità che originano composizioni uniche. Singolarità che, tuttavia, hanno un’uguaglianza sostanziale e che perciò possono realizzare una vera comunione: arricchirsi uno dell’altro in quell’esperienza magnetica che è l’amore. L’amore non è il tentativo zoppicante di costruire un rapporto, non significa trovare qualcuno con cui vincere la propria solitudine. È, prima di tutto, rimuovere lo spezzettamento che è dentro se stessi, la propria inquietudine: è accettare le proprie diversità in rapporto a quello che si vorrebbe essere o, anche, che gli altri vorrebbero che si fosse. È volersi bene, rispettarsi, avere un senso di appartenenza con se stessi. Sapere di avere un’originalità bellissima, mistura unica di polvere e respiro di Dio. Solo allora è possibile, nella gratuità, riconoscere questa stessa originalità a tutti. Accettare la propria diversità è, dunque, presupposto dell’accogliere la diversità altrui: dinamiche entrambe che comportano una scelta, che vanno vissute come una sfida, che esigono il senso del proprio e dell’altrui mistero e che richiedono di lasciarsi amare. E quando le differenze si addentellano tra loro, si accolgono reciprocamente, la diversità diventa una ricchezza dell’uguaglianza
reciprocità e complicità che libera e rafforza
venerdì 19 novembre 2010
Reciprocità significa dare e ricevere continuamente, dare forza per ricevere forza.
Comporta, dunque, l’assunzione di un rischio e la fiducia, la persuasione, della garanzia che c’è un ritorno. Essere reciproci, allora, significa essere arrischiati ma esigenti. E poi, essere provocanti, senza essere provocatori.
Vuol dire dare la propria disponibilità assoluta, sapendo che l’altro non la userà, né la pretenderà, tutta. Ossia, condividere il progetto dell’intera vita nella convinzione che l’altra persona non chiederà mai quello che sarebbe la distruzione di ambedue: la rinuncia alla propria identità. Si può, infatti, rinunciare alla propria vita, ma non a se stessi.
Ed è anche mutua seduzione: il desiderio di attrarre l’altro nei propri valori, di condividere il positivo, di favorire il protagonismo di entrambi. Sapendo che è quando
tutti e due possono esercitare le proprie peculiarità che queste ultime generano una moltiplicazione di potenzialità, di motivazioni e di vitalità.
Complicità significa intrecciarsi, conoscersi bene, capirsi senza il bisogno di parlarsi. Ed essere complici vuol dire essere sinceri, vivere e giocare insieme, partecipare, anche senza essere fisicamente vicini, con una presenza interiore. È una trasfusione di energia.
Reciprocità e complicità sono dinamiche che occorre alimentare nel rapporto di coppia, ma anche in quell’impegno virtuoso che è l’amicizia. Appartengono, dunque, pure alla relazionalità dei singoli, lo siano per scelta, o comunque stabilmente, oppure, invece, nell’attesa di realizzare ciò che desidererebbero. Bisogna, perciò, avere stima di se stessi, comprendere un più ampio significato di fecondità, capire che sessualità non è solo funzionalità fisica, genitale, ma espressione globale della persona.
Accoglienza e gratuità che dona e perdona
venerdì 10 dicembre 2010
Malattia endemica di questo tempo è non sapere più chi si è, qual è la propria identità: in un mondo in cui tutto è inflazionato, non è inflazionata la ricerca della profondità. Una situazione che compromette la consistenza delle relazioni: infatti, il rapporto con gli altri ha alla radice l’avere stima di se stessi, quindi, la coscienza della propria natura, del proprio valore, del proprio mistero. Solo allora è possibile l’accoglienza dell’identità originale di sé e dell’altro e la costruzione di un rapporto nella propria intimità interiore, che non sia solo l’incontro di due superficialità.
Accogliere, difatti, comporta: avere consapevolezza di quello che si è, viceversa si tende ad attribuire i propri colori anche agli altri; accettare le persone nella loro storia; mantenere dentro di sé la disponibilità allo stupore, a cogliere insieme la specialità del reale pure in quello che è meno appariscente; riconoscere la sacralità di ogni persona, la sua trascendenza, il suo portare con sé sogni e desideri. E, poi, lasciarsi attraversare e condurre dall’altro.
Così, l’espressione concreta di una vera accoglienza è la meraviglia, il senso di novità. Occorre, dunque, essere innovativi di se stessi e, d’altra parte, avere la capacità di ascoltare e comprendere il mondo dell’altro, dando spazio anche ai dubbi, da considerare benvenuti stimoli e viatici di profondità.
Solo questi atteggiamenti possono fondare stabilità e supportare una dinamica di vera gratuità. Essere gratuiti significa cercare in tutti i modi di fare dono di sé all’altro. Dono, e perdono: alimentando in se stessi il senso del valore delle persone, non fermarsi, non perdere tempo nelle piccolezze, ma tornare con costanza al loro mistero, alla loro incommensurabile originalità.
Presenza e dialogo che crea vero scambio
venerdì 21 gennaio 2011
Perché amarsi è difficile oggi? Perché fa paura, specialmente ai giovani?
Mancanza di orizzonte, relativismo, incertezza, incapacità di desiderare: il moltiplicarsi di analisi è un grido di allarme. Connesso è il bisogno di fare un salto di qualità, di alimentare la propria interiorità, di avere un senso estetico; connesso è anche il senso del bene, il desiderio di valorizzare pure le cose piccole ma buone.
Occorre, allora, cercare di rimotivarsi e lavorare sulla sostanza di fondo: sulla presenza e sul dialogo.
Presenza significa esserci, essere consistenti, avere una solida e salda autenticità, ed esprimere creatività. Vuol dire anche essere presenti a se stessi, maturi, adulti, cresciuti. Avere la forza di considerare la vita una continua scelta, e scegliere la vita. Significa, ancora, essere insieme, amarsi. In concreto, avere rispetto: garantire la propria libertà e la libertà dell’altro. Quindi, scambiarsi, senza avere paura di perdersi, nella consapevolezza che dando a fondo perduto non si perde mai nulla. Vuol dire, infine, essere insieme qui e ora, ossia, dare il proprio tempo senza vederne un’utilità apparente: perdere tempo è amare. Pertanto, tenere un capitale tempo da dedicare all’inutilità di stare insieme.
Dialogo è la comunicazione che nasce da una reale volontà di conoscersi, comporta l’attenzione a tutti i linguaggi, le parole, ma anche i silenzi e le espressioni del corpo, e si costruisce a partire dall’ascolto. E ascoltare significa avere pazienza, cogliere le sfumature, comprendere i piccoli segnali, capire e rispettare i tempi. E, inoltre, essere pudichi, profondi. Il dialogo, allora, realizza il vero scambio, quella comunione che è compenetrazione spirituale, che è eco, forte e continuo, della presenza dell’altro nella propria vita.
TENEREZZA e Fecondità che dà gioia e fa crescere
venerdì 25 febbraio 2011
Da sempre considerata peculiarità del solo universo femminile e manifestazione di debolezza, la tenerezza è, invece, il cuore della vocazione all’amore: è energia, è forza. È caratteristica fondamentale di Dio: una sorta di balsamo, di sostanza ammorbidente, che vitalizza e rinvigorisce. È amorevolezza, umanità, empatia, simpatia, rispetto, cordialità.
Aspetti, questi, che nella coppia riempiono della globalità della persona anche l’espressione dell’erotismo: tenerezza, infatti, significa maggiore partecipazione dell’anima, senza esclusione del fisico. Anzi, è proprio attraverso il corpo che questa dinamica ha modo di diventare atteggiamento concreto, non solo nel rapporto di coppia, ma in ogni relazione: essere teneri vuol dire, difatti, usare cortesia e gentilezza, avere un modo garbato di atteggiarsi, far sentire l’interlocutore a suo agio, avere rispetto per la sua corporeità, non imporsi su di lui, guardarlo negli occhi, dargli la mano, modulare la voce, dunque non urlare, né sussurrare, concedergli delle possibilità, essere carezzevoli, cioè comunicargli che è caro così com’è.
Occorre, allora, superare l’equivoco, oggi dilagante, della mercificazione del corpo, affermandone, al contrario, il pregio e valorizzandone i linguaggi. Superamento possibile attraverso l’autostima, la cura e l’ascolto del proprio corpo, e la rivalutazione della propria sessualità come sensibilità relazionale capace di porre in atto una maggiore intensità di comunicazione.
Ed è, ancora, la tenerezza che, anche, rende realmente fecondi. È, appunto, ciò che consente di accogliere l’altro e di attuare la prima fecondità di relazione: crescere insieme. Ed è, poi, fondamento della fecondità che è alla base del fare figli: fare nel senso di farli crescere, diventare uomini, divenire umani.
INTIMITÀ e Interiorità che vitalizza il rapporto
venerdì 25 marzo 2011
In un tempo in cui l’esercizio erotico è proposto e diffusamente considerato come gioco, come pulsione di scambio, come ginnastica, è difficile, ma occorre, recuperare l’idea che, in realtà, la sessualità è pervasione di tutta la persona, coloritura anche interiore. Si comprende, allora, come la composizione tra l’espressione della sessualità e l’intimità globale della persona sia una situazione sostanziale e una dinamica che esige di essere curata e valorizzata. Il corpo e l’anima, difatti, sono tra loro compenetrati ed entrambi attraversati dalla sessualità: a partire da questa consapevolezza, ogni rapporto può raggiungere, attraverso il coinvolgimento di tutta la persona, un’intensità sempre maggiore. E serve educarsi a questa valutazione della sessualità: trovare e incontrare l’altro, la sua identità complessiva, non solo il suo genere sessuale. In altre parole, la sessualità espressa fisicamente è un punto d’arrivo: occorre non far obbedire tutto a questo stimolo. Spesso si cominciano i rapporti con l’approccio fisico e solo dopo si inizia a cercare la comunione: in tutte le relazioni, invece, va accolta la persona nella sua specificità anche sessuale, ed è questa accoglienza che può essere accompagnata eventualmente con l’espressione fisica della sessualità. Occorre, cioè, partire dalla tenerezza, dall’incontro di due persone, di due singolarità nella loro interezza. Ciò richiede dapprima la stima di se stessi, e poi una maggiore riflessività, un dialogo sincero e intenso, uno scambio profondo. Generando, così, una rivitalizzazione della sessualità che diventa opportunità anche sul piano sociale: si tratta, infatti, di un aspetto strutturale, di radice, se andasse perduto nel rapporto uomo – donna, come immaginare di amorizzare il mondo?
Michela Favretto
registrazioni audio
01 percorsi 22ott2010.mp3 | 17.1 MB | |
02 percorsi 19nov2010.mp3 | 97.0 MB | |
03 percorsi 10dic2010.mp3 | 103.4 MB | |
04 percorsi 21gen2011.mp3 | 87.5 MB | |
05 percorsi 25feb.mp3 | 79.3 MB |