La gabbia
PREMIO CRÉDIT AGRICOLE FRIULADRIA
per un’opera che, nelle riprese, evidenzi particolare cura della “fotografia”
Alessandro Pivetta di Montebelluna (TV), Accademia di Belle Arti di Venezia
Giovani volti su cui riverbera la luce e la grafica dei display ci raccontano dell'uso compulsivo e ossessivo della rete e dei social network. Il messaggio è rafforzato efficacemente da una elegante grafica che "ingabbia" simbolicamente i volti stessi e, in finale, la città intera.
Apprezzabile la sintesi nel comunicare, impeccabile il montaggio e il commento musicale.
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Un ragazzo smanetta con il suo smartphone, e questo lo isola da ogni presenza umana. Sul suo viso si riflette lo schermo del telefonino, quasi fosse una parte di sé, l’unico riflesso dei suoi pensieri. Il suo è un mondo nel quale è sempre collegato: si calcola che ogni giorno i ragazzi stiano almeno due ore con lo smartphone in mano, che non abbandonino la sua presenza neppure di notte, interrompendo anche il sonno per controllare i messaggi, le foto, le parole inviate da un’immensità di altri che sono come lui, connessi ma isolati, allo stesso tempo, uniti da una comune alienazione che dona solo un’illusione di vita in comune.
Il tempo libero si passa sui social, sempre più diffusi tra i ragazzi, che sono imbrigliati in una rete che si scambia, ogni giorno, 95 milioni di immagini. C’è un fuori, al di là della stanza in cui il ragazzo esamina il suo scherno, ma lui sembra non vederlo, non apprezzarlo, come se fosse sempre estraneo al contesto che lo circonda, preso com’è dal vivere soprattutto virtualmente. E la rete di contatti lo insegue, lo avvinghia, ma lui non se ne accorge. Così, una rete invisibile avvolge ogni cosa, ogni palazzo di una città che palpita di connessioni, ma in cui ogni persona, in modo inconsapevole, è più sola.