Il gioco delle paure
PREMIO CASA DELLO STUDENTE ANTONIO ZANUSSI PORDENONE
Sezione Scuola Secondaria di Primo Grado
Classi 1^ A, B, e C. Scuola Secondaria Primo Grado Alessandro Manzoni di Rosate (MI). In collaborazione con il Comune di Rosate. Coordinamento degli esperti di laboratorio Marco Rota e Ivan Adami.
Una produzione sorprendente e coinvolgente che affronta la tematica del bullismo a scuola in modo originale e interessante. Regia impeccabile che denota una buona conoscenza dell'utilizzo della luce e del chiaro scuro. Quattro adolescenti seduti in cerchio si raccontano a vicenda le loro paure più grandi in uno scantinato abbandonato e buio che ben rappresenta l’atmosfera tesa e angosciante delle situazioni che i protagonisti si trovano ad affrontare nella vita di tutti i giorni. I protagonisti sono bravissimi nel rappresentare le loro insicurezze e paure, mettendo in scena situazioni realistiche e drammatiche che sottolineano l’importanza di contrastare il bullismo e promuovere il rispetto reciproco.
Il filmato è un’opera che merita di essere vista non solo da studenti e insegnanti, ma anche da un pubblico più vasto: si è saputo coniugare creatività e impegno sociale in un lavoro che lascia il segno e che invita a riflettere sulla necessità di educare alla tolleranza e alla convivenza pacifica.
“Tutti parlano di pace, ma non si può realizzare la pace all’esterno se si coltivano nel proprio animo la collera e l’odio”: una frase del Dalai Lama che fa da filo conduttore di quest’opera, che inizia e finisce alla luce fioca di una lampadina. I quattro protagonisti esprimono i disagi e le paure tipiche degli adolescenti che vengono bullizzati all’interno della realtà scolastica o del tempo libero. Vengono presi di mira, giudicati inadatti a condividere il gioco, oppure sono vittime della prepotenza dei più forti in nome di non si sa quale legge di gruppo, che li esclude a priori, con l’aggravante di intimorire gli altri compagni di scuola che non osano contrapporsi alla legge del più forte. Ed è proprio l’indifferenza a ferire di più le vittime di questi soprusi che però solidarizzano tra di loro, trovando la forza di reagire e di imporsi di vedere il futuro con una punta di speranza. Non facile, dato che l’ambientazione ricorda che i tempi non sono facili e hanno costretto i ragazzi e le ragazze a vivere in una sorta di bunker sotterraneo, quasi al buio, sorretti solo dalla forza dell’amicizia. Forse riecheggia una cronaca che ci riporta a scenari di guerra visti in televisione, che ci hanno reso quasi famigliari le sofferenze di chi, nel buio di una cantina, al freddo e con poche risorse, è costretto a sopravvivere ad una guerra ingiusta che li isola da altre realtà lontane che fanno fatica a comprendere la vita sacrificata di chi resiste nonostante tutte le difficoltà.