CORO
DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
domenica 14 novembre 2010 |
20:45 |
Duomo Concattedrale San Marco Pordenone |
Un grande schermo davanti all’altare nasconde il coro, che non è, come si potrebbe immaginare, il protagonista del concerto di apertura del XIX Festival Internazionale di Musica Sacra. Almeno non è il protagonista principale. Sono le immagini invece a concentrare l’attenzione del pubblico che gremisce il Duomo Concattedrale San Marco di Pordenone: immagini che abbiamo visto spesso nei giornali, nei servizi televisivi, che decine di volte sono passate sotto il nostro sguardo fino a raggiungere la nostra indifferenza, tanta è stata la loro quotidianità in questi ultimi anni.
Eppure hanno sortito l’effetto del pugno nello stomaco, della rabbia che ci si è rivoltata dentro per averle lasciate passare senza osservarle bene, tanto erano geograficamente lontane da noi, noi che la guerra non l’abbiamo vissuta, che l’abbiamo solo sentita raccontare dai nostri padri.
Jugoslavia, Iraq, Libano, Afghanistan, gli orrori del nazismo, le pulizie etniche ci sembrano lontani. Ma bisogna ricordare, la memoria, che spesso affidiamo solo ai files del computer, la nostra memoria deve rimanere viva su quello che la civiltà, il mondo moderno è sempre più capace di fare.
E allora per meditare abbiamo bisogno di un posto tranquillo, A quiet place, un luogo sacro, dove normalmente si prega ma anche si pensa.
Ecco dunque la funzione della musica, aiutarci a ricordare, a pensare, a vedere la sofferenza umana e la ricerca di pace, il sollievo o l’elevazione dello spirito.
Il progetto di Cristiano Dell’Oste e del suo splendido Coro del Friuli Venezia Giulia ha raggiunto lo scopo. Quando vediamo i bambini mutilati, le madri che abbracciano inermi la rozza sepoltura del figlio, le rovine irriconoscibili di una città, le note del Miserere di Allegri, quattro secoli fa, sono del tutto attuali e l’emozione è fortissima.
Non da meno l’Agnus Dei di Barber o il Messiaen di O sacrum convivium, o il Requiem di Verdi.
Questa emozione e questa memoria non possono essere che un messaggio di speranza, quello affidato ai bimbi che giocano e ridono tra le tombe di un cimitero sterminato.
Smile di Chaplin e Freedom di Duke Ellington ci invitano a non dimenticare ma a costruire un futuro di pace.
Successo straordinario ancora per il Festival pordenonese, le cui proposte vanno oltre l’alta qualità artistica.
Domenica 14 novembre, alle ore 20.45, il Duomo Concattedrale di San Marco ospiterà il Coro del Friuli Venezia Giulia, una delle più brillanti e attive realtà musicali della regione, diretta da Cristiano Dell’Oste, che presenta uno spettacolo singolare, con una lettura scenica di Monica Mosolo, con Nevio Zaninotto al saxofono e il soprano Annamaria Dell’Oste.
Da “A quiet place”, una canzone del celebre gruppo pop dei Take6, si muove l’idea di una musica per la pace, una sosta in un luogo tranquillo, per aiutare ogni ascoltatore a guardare dentro la verità delle ingiustizie moderne. Nasce così un percorso di riflessione, di parole, poesia e musica sacra, quasi un rifugiarsi nel silenzio di una chiesa, depositaria di uno spirito che ne sublima la musica e che la musica sublima nella sua storia di millenni. Si proietteranno immagini di guerra, che chiederanno all’ascoltatore una profonda ricerca del vero, non filtrato dal rumore, del vero effimero, ma di quello che porta diritto al cuore del proprio sentire. La scelta è caduta solo su immagini delle guerre più vicine a noi, nel tempo e nello spazio. Questo perché Baghdad, Auschwitz, Gaza, Mostar non sono luoghi diversi da quelli in cui ogni giorno si combatte e si muore in tutto il mondo. Ad accompagnare le immagini versi e parole di Salvatore Quasimodo, Bertolt Brecht, Alberto melis, Gino Strada, Paolo Rumiz, Susi Savill, Giuseppe Ungaretti e Gandhi.
Il Coro del Friuli Venezia Giulia, ha debuttato presso il Teatro Nuovo di Udine nel gennaio del 2001, in occasione delle manifestazioni concertistiche in ricordo di G.Verdi. Al fianco dell’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia ha tenuto numerosi concerti in Regione con trasferte a Roma e Vienna. La collaborazione con l’orchestra ha prodotto anche la registrazione di quattro dischi (Cori verdiani, Requiem di Mozart, IX Sinfonia di Beethoven e brani sacri del giovane Mozart).
Nei successivi anni il coro ha presentato alcuni progetti a cappella e in collaborazione con alcune orchestre barocche e sinfoniche. Le performances, inoltre, con celebri esponenti del Jazz quali Kenny Wheeler,che ha espressamente scritto per il coro un oratorio, John Surman, John Taylor, Markus Stockhausen, Enrico Rava, Klaus Gesing e Glauco Venier hanno permesso alla compagine di sperimentare nuove forme di espressione. Significative anche le collaborazioni con cantanti pop quali Andrea Bocelli, Edoardo De Angelis e Tosca. Ha di recente cominciato una collaborazione con l’Orchestra della Fondazione A. Toscanini dell’Emilia Romagna. Degne di nota le collaborazioni e l'amicizia instaurate con il Maestro Gustav Leonhardt, che ha diretto un ciclo di Cantate bachiane portato in tournèe. Collabora costantemente con solisti del calibro di Emma Kirkby, al fianco della quale è comparso in un documentario inglese andato in onda più volte in Inghilterra. Il coro tiene circa 20 concerti all’anno suddivisi in svariate produzioni ed è preciso obiettivo del suo direttore artistico creare un organigramma a gestione modulare, tale da permettere una maggiore affidabilità e “attinenza” stilistica, consentendo di passare dal piccolo gruppo ristretto atto ad interpretare meglio la musica antica, fino ad arrivare al grande coro sinfonico.
Presentazione di Cristiano Dell'Oste
Da “A quiet place”, una canzone del celebre gruppo pop dei Take6, si muove l’idea di una musica per la pace, una sosta in un luogo tranquillo, per aiutare ogni ascoltatore a guardare dentro la verità delle ingiustizie moderne. Nasce così un percorso di riflessione, di parole, poesia e musica sacra, quasi un rifugiarsi nel silenzio di una chiesa, depositaria di uno spirito che ne sublima la musica e che la musica sublima nella sua storia di millenni. Fuori c’è la guerra, la guerra di ogni giorno, che pervade, oltraggia, mina ogni sentire dell’uomo, ogni tentativo di trovare uno spazio, luogo, agognato porto di silenzio e pace.
Immagini che proietteranno chiunque al di fuori di quelle mura amiche, chiederanno all’ascoltatore una profonda ricerca del vero, non filtrato dal rumore, del vero effimero, ma di quello che porta diritto al cuore del proprio sentire. Cento immagini possono raccontare tante cose. Ma diventano pochissime se il tema da affrontare è la guerra. Ce ne vorrebbero il doppio, il triplo, mille volte tante, e forse non basterebbero ancora. Queste immagini sono state scelte a paradigma della guerra, di tutte le guerre, delle cui vittime quotidiane (morti, feriti, orfani, profughi, perché la guerra colpisce in mille modi) è difficile persino avere una stima precisa.
La scelta è caduta solo su immagini delle guerre più vicine a noi, nel tempo e nello spazio. Questo perché Baghdad, Auschwitz, Gaza, Mostar non sono luoghi diversi da quelli in cui ogni giorno si combatte e si muore in tutto il mondo.
Le pagine sacre del Miserere di Allegri, dell’Agnus Dei di Barber, dell’Hymn to the Virgin di Britten, Requiem di Verdi, O nata lux di Laurdisen , a corollario di alcune letture su testi e poesie di Quasimodo, Gandhi, Brecht e altri che hanno dedicato molti loro scritti in favore della Pace. La Bibbia, dal libro dell’Ecclesiaste, come riferimento, un messaggio ancora attuale a commentare immagini di guerra sullo sfondo, musica sacra a cappella, suoni dal basso verso l’alto, verso una preghiera di perdono, quasi una traiettoria che scheggia dalla bassezza dell’uomo verso il cielo. Un tempo che scivola nel sentire contemplativo di ognuno di noi, quasi un fermo immagine, per commemorare le vittime, commemorare la scia di odio e di violenza che ogni giorno insanguina il mondo.
Il contesto stesso della chiesa dice con quale animo viene pensato e proposto questo momento, che vuole essere un sospiro e un anelito di pace svincolato dalle ragioni e ancorato alla ragione, alla lucidità di uno sguardo che del male cerca di avere una nozione riassuntiva e radicale, spirituale appunto, e non cerca di dirimere grovigli intricatissimi nei quali non esiste più alcun innocente ed ogni violento è contemporaneamente una vittima.
Pagine musicali di grande impatto emotivo a compensare una sofferenza muta, che porta con sè il dolore del mondo, porta il peso dell’ingiustizia che scardina ogni equilibrio, che vìola la bellezza.
Nelle immagini un’umanità sofferente rimane depositaria della ricchezza vera. Fermezza, dignità, quiete immobile che trapassa perfino la speranza divenendo adesione all’essere che è. Non ribellione, ma svuotamento, abbandono. Innesto in uno spirito di accettazione che pulsa nei cuori rendendoli nobili, forti di una forza lieve, di una forza completamente disarmata.