Alessandro Battiston
Primo Premio ex-aequo – Sezione Senior
(Ricordi di un’estate passata a Berlino)
Sono arrivato a Berlino sicuro che il tempo che ci avrei trascorso mi avrebbe cambiato. Sono partito da casa pensando che, nelle nostre piccole cittadine, siamo ombre e che le ombre non gettano altre ombre. A Berlino ho realizzato che, in una metropoli che si comporta come una piccola città, le persone, per quanto siano chiuse, grigie e fredde, ti rimangono nel cuore, anche se non le hai mai conosciute, perché ti illuminano.
Le ricordi per i loro sguardi di gente selvatica, come questa città dove le volpi, la notte, escono dai parchi in cerca di resti degli ultimi kebab mangiati prima di rincasare. Sguardi di chi vive come aveva sognato di vivere quando era ragazzo: un poco sopra le righe, un poco oltre le proprie possibilità, ma felice.
Sguardi pieni di respiro, come questa città che mi ha colpito fin dall’inizio, che mi mancherà e che non ritroverò facilmente altrove.
Una grande città, pochi alti palazzi, molto verde. Non c’è un centro oppure ce ne sono molti: ogni Bezirk [quartiere] è realtà a sé, così quando cammini per la Kastanienallee [una delle vie principali del quartiere di Prenzlauerberg] a Prenzlauerberg non puoi pensare di essere a Kreuzberg, Wedding o Mitte: si percepisce a pelle.
Ogni quartiere ha la sua forte personalità, uno Stimmung [atmosfera] per ognuna di queste piccole cittadine: quando percorri questa città non ti rendi conto di essere in una metropoli, non fosse per la U-bahn, le grandi distanze e la gente che la popola.
Berlino d’estate è bella: la si pedala tutta d’un fiato, si camminano volentieri le sue strade fino a tardi, ci si siede nei numerosi parchi, tra una grigliata e un pomeriggio al sole con gli amici, sdraiati a guardare quel cielo che da noi non c’è, a farsi scompigliare i capelli da quel vento che fa passare le nuvole così velocemente come non ho visto da altre parti.
E poi tornare a casa, a Kreuzberg, passando accanto agli odori turchi che escono dai baracchini del kebab. La domenica mattina andare al Flohmarkt am Mauerpark [mercato delle pulci situato nel Mauerpark, parco pubblico storicamente diviso dal Muro di Berlino, tra i quartieri di Prenzlauerberg e Wedding] in cerca di qualche curiosità, fare amicizia con persone felici, pranzare con un currywurst [piatto tipico berlinese di "importazione" indiana: wurst con salsa ketchup e spruzzata di curry].
I tedeschi di Berlino sanno godersi la vita e noi dovremmo imparare da loro.
E loro dovrebbero imparare da noi a ridere: difficile trovare chi, in metropolitana, sia disposto a una chiacchierata. Ma verso sera i berlinesi escono di casa, si comprano un paio di birre al tabacchino, le bevono passeggiando e diventano simpatici.
Di loro ho apprezzato la tolleranza, al limite con il menefreghismo, e il loro essere così distanti da quella sorta di moralismo genetico tutto italiano. Mi sentivo più libero, più rispettato, più sicuro.
Con il tempo ho scoperto il loro tipo di moralismo e la loro rigidità nel non accettare chi esce dai loro schemi. Ho scoperto che il Muro è ancora in piedi: tra Ossi e Wessi, tra cool e uncool, tra gay veri e gay che provano ad esserlo, tra nudisti e vestiti, tra italiani berlinesi e italiani turisti.
Finalmente in quella città, chi ero? Chi sono diventato? Sono diventato cosciente, ho alzato gli occhi e il mondo era lì, davanti ai miei occhi.