Scienze religiose / bibbia

Il profeta. L’esperienza nel mondo mesopotamico e nel mondo biblico

Renato De Zan docente di esegesi biblica

[ 3 incontri › 9 ore ]

1. Mercoledì 17 aprile 2013 › 15.30
Il profetismo di Nuzi e Mari: profeta di corte
e del santuario

2. Mercoledì 24 aprile 2013 › 15.30
Il paleoprofetismo ebraico: tensione verso Yhwh

3. Mercoledì 8 maggio 2013 › 15.30
Il profetismo classico: il chiamato

Nella nostra cultura occidentale parlare del profeta significa parlare di una figura biblica, ieratica, forte, capace di scrutare il futuro e di predirlo. Le cose stanno diversamente.
La figura del profeta è molto più antica della nascita del popolo ebraico e non risponde esattamente a questo ruolo. Le civiltà mesopotamiche conoscevano questa figura e a noi sono pervenute delle tracce archeologiche interessanti e ricche di informazioni che risalgono alle soglie del II millennio a.C. Il popolo ebraico, la cui nascita si può collocare intorno al sec. XIII a.C. (sul finire del II millennio a.C.), ebbe queste figure che per comodità si possono chiamare paleo-profeti. Si trattava di uomini che imparavano il “mestiere del profeta”. Il loro compito si svolgeva presso i santuari e presso la corte del re. Dovevano approvare o meno i progetti dell’uomo del popolo o del re, dando la risposta in nome di Dio. Per questo motivo, i paleo-profeti praticavano vari metodi per entrare in trance e tentare, così, di rispondere secondo una saggezza “superiore”.
Alcuni di questi vengono scelti da Dio con una chiamata particolare. Nasce il profetismo classico. La nuova figura di profeta non ha la preparazione del paleo-profeta, ma ha dalla sua parte la chiamata divina che – comunque – non va presunta ma dimostrata. La nuova figura del profeta accompagnerà il popolo d’Israele fino al sec. IV, quando sorgerà un nuovo tipo di profeta, il profeta apocalittico. Ma di questo ne parleremo – se Dio vuole – il prossimo anno.

› a cura di Presenza e Cultura