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Ottetto Sloveno

Vladimir Čadež, Rajko Meserko, Marjan Trček
Janez Triler, Jože Vidic, Darko Vidic , Janko Volčanšek, Matej Voje

La data 27 settembre 1951 rappresenta una tappa importante per la musica vocale slovena: su iniziativa degli immigrati sloveni che vivono in Nord America, otto cantanti maschi sono stati scelti in una severissima audizione in una sala della Filarmonica Slovena. Così è nato l’Ottetto Sloveno.
Fin dall’inizio, l’obiettivo principale dell’Ottetto Sloveno è stato quello di valorizzare la musica vocale dal Rinascimento al periodo contemporaneo, con particolare attenzione a quella slovena.
Nei suoi sessanta anni di attività, l’Ottetto Sloveno si è esibito sui palcoscenici di di tutto il mondo, senza mai trascurare quelli del proprio Paese. Molti cantanti si sono avvicendati nel gruppo, ma tutti condividono un forte legame con la nazione slovena: più di 40 cantanti sono stati membri dell’Ottetto Sloveno, alcuni dei quali musicisti di altissimo livello che si sono esibiti nei più importanti teatri d’Europa.

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Punto di riferimento per la musica vocale da camera slovena, durante questi anni, più di cento ottetti sono stati fondati sul loro esempio.
L’Ottetto Sloveno ha ricevuto numerosi riconoscimenti: il Premio Prešeren nel 1957, il Premio Fondazione Prešeren nel 1964, il Certificato Nazionale di Merito nel 1966, un premio dall’Associazione dei compositori sloveni nel 1971, il Drabosnjakova Award nel 1975, Orlando Di Lasso Award nel 1984 e l’Ordine d’oro della libertà della Repubblica di Slovenia nel 1996.
Un altro importante traguardo per l’Ottetto Sloveno è stato nel 1996, quando è stato cambiato l’intero gruppo di cantanti. L’Ottetto Sloveno, ringiovanito, ha iniziato un nuovo percorso di perfezionamento musicale, rimanendo fedele alla sua tradizione.
Il gruppo ha pubblicato tre CD con le più belle canzoni slovene. Nel 2007, il libro Slovenski Oktet di Boris Pangerc, ha riassunto le attività e la storia del gruppo.
L’Ottetto Sloveno si esibisce in tutti i più importanti festival musicali del mondo.


Il panorama che l’Ottetto Sloveno offre della musica vocale religiosa dal 1500 ai giorni nostri è quanto mai esaustivo di stili e pensieri filosofici.
Ma è interessante notare come in epoche antiche (Rinascimento, Romanticismo…) la composizione sacra fosse finalizzata quasi esclusivamente alla funzione liturgica mentre nel secolo scorso e in quello attuale la creazione di una pagina su testo sacro diviene per il musicista un’esigenza dello spirito, per lo più avulsa da occasioni di esecuzione contestualizzate alla pratica religiosa.
L’Opus Musicum di Iacobus Gallus, il maggiore compositore sloveno del Rinascimento, è una raccolta di 374 Mottetti pensata per soddisfare tutte le esigenze dell’Anno Liturgico. Lo stile eclettico di questo autore, che fonde elementi arcaici e modernissimi per il suo tempo, si inserisce simbolicamente ad inaugurare il XXIII Festival di Musica Sacra: i cromatismi di O magnum Mysterium, degni di Gesualdo da Venosa, si contrappongono alla semplicità di Ecce quomodo moritur iustus, che fu utilizzato addirittura da Haendel e Mozart.
Così Gounod, uno dei massimi esponenti del Romanticismo francese, dedicò un’ampia parte del suo catalogo alla musica sacra, con espressa destinazione alle Società Corali: un impegno compositivo che derivava sia dalla sua profonda religiosità (fu vicino a prendere i voti sacerdotali) che dalla grande pratica organistica, da cui tutte le sue opere, anche quelle profane, sono visibilmente influenzate.
La perdita di alcuni amici intimi e un pellegrinaggio alla Madonna Nera di Rocamadour nel 1936, portarono Poulenc a riscoprire la fede cattolica, in conseguenza della quale il suo stile compositivo si trasformò notevolmente, soprattutto per quanto riguarda l’elaborazione della musica sacra. Gli apici del suo pensiero cristiano vennero raggiunti però negli anni ’50, con la creazione del “Gloria”, della Messa in Sol minore, dello Stabat Mater (scritto nel 1951 dopo la perdita del caro amico Christian Bérard, a cui è dedicato) e delle Laudes de Saint Antoine de Padoue (1957-59): tutte composizioni che per Poulenc, amante della bella vita e della spensieratezza, divengono occasioni di accostarsi a una dimensione mistica dell’esistenza e delle funzioni della musica.
Tutti gli interpreti sloveni (orchestre, cori, gruppi cameristici), soprattutto quando si esibiscono all’estero, dedicano quasi obbligatoriamente parte del loro programma a compositori contemporanei del loro Paese.
Katarina Pustinek Rakar e Ambrož Čopi, quasi coetanei, sono tra i musicisti sloveni emergenti che si dedicano con positiva assiduità al repertorio corale: la loro interpretazione del testo liturgico è influenzata a tratti da ritmi popolari in uno stile armonico moderatamente moderno e fortemente comunicativo, tanto che le loro composizioni sono assai frequentate dai cori sloveni.
Interessante notare come il loro linguaggio mostri una sobria ricerca armonica atta a favorire l’interesse e la crescita artistica dei cori del loro Paese, di altissimo livello se pur per lo più amatoriali.
L’Ave Maria, del 1964, è l’opera più nota del bavarese Franz Biebl, che dopo la prigionia negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, si dedicò essenzialmente alla direzione di coro in un piccolo paese della Germania meridionale.
Il brano, divenuto popolare per essere entrato nel repertorio dell’ensemble Chanticleer, alterna versetti gregoriani dell’Angelus al testo tradizionale dell’Ave Maria elaborato in una suggestiva struttura polifonica.
La maggior parte dell’attività compositiva di Morten Lauridsen, di origine danese, è dedicata alla produzione corale, tanto da farne uno dei più rilevanti compositori statunitensi del settore. Il fascino della sua musica è dovuto ad una grande proprietà di linguaggio tecnico compositivo e ad una profonda conoscenza dello “strumento” coro. Gli effetti coloristici risultanti dalle strutture armoniche basate sui rivolti degli accordi sugli intervalli di quarta e di seconda creano un vero “effetto sospensione”, caratteristica dominante di tutta la sua produzione.
La musica del grandissimo compositore estone Arvo Pärt è definita nel termine di minimalismo sacro, di cui egli è un riconosciuto esponente assieme ad autori come Henryk Górecki e John Tavener. Con questo particolare genere Pärt dimostra come sia possibile produrre opere valide nonostante l’utilizzo di un’armonia estremamente semplice e la riduzione ai minimi termini del materiale compositivo.
Egli stesso si descrive: “Lavoro con pochissimi elementi - una voce, due voci. Costruisco con i materiali più primitivi - con l’accordo perfetto, con una specifica tonalità. Tre note di un accordo sono come campane. Ed è perciò che chiamo questo tintinnabulazione”.
Infatti, il modo di comporre di Pärt è generalmente costruito solamente su due voci: una funge da accompagnamento, arpeggiando e ripetendo le note di un accordo tonale, l’altra è la “melodia” (spesso vocale), ovvero la voce principale.
 

Programma concerto

Iacobus Gallus (1550-1591)
Ecco quomodo moritur iustus
Ascendit Deus
Planxit David
O Magnum Mysterium

Katarina Pustinek Rakar (1979-)
VERA – Credo
dalla Messa Slovena per coro maschile e organo

Charles Gounod (1818-1893)
Gloria da Deuxieme Messe pour les sociétés chorales

Francis Poulenc (1899-1963)
Laudes de Saint Antoine de Padoue
- O Jesu perpetua lux
- O proles hispaniae
- Laus Regi plena gaudio
- Si quaeris

Franc Xaver Biebl (1906-2001)
Ave Maria

Ambrož Čopi (1973-)
De Maria Virgine - Totus tuus
- Sub tuum praesidium

Vytautas Miškinis (1954-)
Ave Regina Coelorum

Morten Lauridsen (1943-)
Ave Dulcissima Maria

Arvo Pärt (1935-)
Most Holy Mother of God

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