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Gruppo Polifonico Zadeja

Canti della tradizione religiosa e popolare albanese

Vestiti dei caratteristici variopinti costumi delle montagne del sud dell’Albania, i coristi del Gruppo Polifonico Zadeja polarizzano immancabilmente l’attenzione del pubblico dell’auditorium della Casa. E’ un concerto assolutamente originale e di grande fascino quello proposto nel secondo appuntamento del XX Festival di Musica Sacra: la musica tradizionale albanese con un complesso che è probabilmente il più rappresentativo, dal punto di vista sia musicologico che artistico, del recupero del folklore musicale del Paese delle Aquile del post comunismo.
Albania, nome che ancora rimanda facilmente a drammatici luoghi comuni, dagli ormai mitici gommoni che attraversavano l’Adriatico ad eventi di criminalità legati purtroppo agli interessi di molti. Più difficile constatarne l’identità geografica e culturale, pur importante e la cui scoperta apre scenari di incredibile fascino. Ci aveva provato il Duce, ma con altri scopi, alcuni decenni fa, con risultati goffi che hanno creato solo una inutile frattura umana tra i nostri popoli, tuttora non del tutto sopita.
Tornando alla musica albanese, essa conserva tesori di tradizione millenaria sopravissuti ai cinquecento anni di dominazione ottomana, sulle impervie montagne dove l’esercito turco non osò avventurarsi, come alla devastante dittatura oltre quanrant’anni.
Gli albanesi non sono religiosi nel senso più comune del termine, perché le generazioni passate attraverso il regime comunista hanno subito un incredibile annullamento della facoltà intellettuale di credere in qualcosa che non fosse il Compagno Enver e il Partito. Così la religiosità albanese è rimasta legata ad una sorta di ritualità naturale, scandita da abitudini e leggi ancestrali che rimangono tali anche nelle manifestazioni attuali di una molteplicità di confessioni pacificamente conviventi, dall’islamismo moderato, al cristianesimo ortodosso, cattolico e protestante.
Prova ne è la musica ortodossa e musulmana presentata dal Gruppo Zadeja, pervasa della stessa atmosfera dei canti popolari, affascinante silloge di ritmi complessi, di armonie stridenti e arditi contrappunti, di imitazioni di suoni della natura, racchiusi all’interno di strutture per nulla disordinate ma chiaramente definite. Se vi sono riconoscibili a volte i tratti della musica balcanica, le peculiarità armoniche, la presenza frequente di un bordone tenuto e la stessa vocalità gutturale che si espande su una estesa gamma d’intonazione, accomunano curiosamente, ma non casualmente, questi canti con quelli della tradizione sarda e corsa, testimonianza di quelle “contaminazioni mediterranee” che saranno indagate nel prossimo concerto del Festival, “Mar Bianco”.
 

Agim Rama, Niko Vasili, Fatbardh Karaj
Genc Vozga, Bledi Hoxha, Avni Miraka, Fahri Karameti


Le vicende storiche dell’Albania, dalla lunghissima dominazione turca alla dittatura da poco finita, non hanno impedito al Paese di coltivare quasi con gelosia, oltre che con fierezza, una tradizione musicale ricca, suggestiva e assolutamente originale. Nel contempo, nonostante l’“invasione” musulmana e la repressione civile e culturale del Secondo Novecento, il senso del sacro e della spiritualità è rimasto nella memoria di una religiosità che in questi ultimi anni, nella pluralità delle confessioni, sta chiedendo sempre maggiori spazi. Il Gruppo Zadeja è il “depositario storico” della tradizione musicale popolare albanese, in questi ultimi anni oggetto di sempre più approfondite indagini musicologiche.
 


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