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Valentina Pitton

Primo classificato - Sezione Senior

Take it easy

“Una famiglia è interessata al tuo annuncio”. Penso: sarà la classica Scottish family che vive in un paesino sperduto, con tre figli, che mi chiede di curargli l’orto per 30 sterline a settimana.
Apro quindi disinteressata la mail, la foto tuttavia mi stupisce: i bambini in effetti sono 3 ma niente cielo grigio e niente orto. Altrettanto stupore suscita la nazione di provenienza: Australia, Melbourne.
In uno slancio di curiosità mi precipito a raccogliere qualche informazione sulla città, indicata come centro di cultura, dal clima molto simile a quello londinese. L’alta piovosità ed il fatto che sia la città più fredda d’Australia non mi scoraggiano: vengo da Maniago, dovrò pur sentirmi a casa in qualche modo! E poi è il giorno di Natale e la cosa non può che esser un segno incoraggiante.


Scorro quindi mentalmente la lista dei pro e dei contro: nella colonna della prima solo qualche voce, nella seconda invece una moltitudine di elementi che si automoltiplicano: apprensione dei miei genitori, lontananza dagli affetti, tratti caratteriali che poco si sposano con il profilo della au pair: non ho pazienza, non ho esperienza e ho una certa repulsione verso i bambini! Il cerchio si chiude dà sé lasciando in me più desolazione che motivazione!
Le premesse sono disastrose ma il bisogno di mettermi in gioco ha la meglio e a Febbraio mi ritrovo catapultata dall’altra parte del mondo. L’impatto non è certo stato dei migliori (sola, alle 4 del mattino, davanti ad una porta che non si apre, a cellulari spenti e ad una gran voglia di mettermi a piangere!) ma la famiglia e la comunità di Sandringham, tranquillo quartiere a sud della city con vista mozzafiato sull’oceano, mi conquisteranno da subito, contagiandomi con le espressioni tipiche dell’aussie style, come il “take it easy” che pronuncerò un’infinità di volte in quei sei mesi vissuti upside down.
Difficile riassumere in qualche riga quel che è stata per me quella terra.
L’Australia è la contrapposizione tra l’aridità del deserto che circonda Ayers Rock e la barriera corallina del Queensland, tra i luoghi sacri del cuore rosso e le frenetiche città della costa.
Sono le lacrime di un’anziana signora spagnola che racconta la sua migrazione come una storia drammatica che pur riesce a strapparle ancora un tenero sorriso al ricordo del dubbio che l’assaliva di fronte alle mucche del pascolo, sue uniche compagne di vita: dialogare con loro in inglese o in spagnolo?
È la solitudine dell’outback, specchio che ti impone di guardarti dentro, esplorando angoli sconosciuti, riflettendo sull’importanza del fermarsi, per dar tregua alle proprie ansie e ascoltarsi in silenzio dal profondo (Ancora oggi sento la necessità di uscire e camminare senza pormi una meta precisa solo per lasciare liberi i pensieri... la vista sull’oceano manca ma la sensazione liberatoria è ancora presente).
È il sorriso e il pianto dei piccoli Guy, Lauren e Holly. È il take it easy che mi porterò dentro per tutta la vita.
 

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